
Ora l’intera famiglia kamikaze. Sei persone, tra cui due bambine e due ragazzini, tutti con cintura esplosiva, tutti con un bersaglio da colpire, madre e figlie bambine la chiesa centrale degli infedeli cristiani di Suranaya, il marito e capofamiglia alla guida di un’autobomba contro una seconda chiesa, i due figli adolescenti, su motobomba si sono scagliati contro una terza chiesa. Piano accuratamente organizzato, la scelta di uccidersi per uccidere che ha coinvolto anche una bambina di 9 anni. Appuntamento per tutti, genitori folli e figli indottrinati, nel paradiso dei martiri inventato nel nome di un Dio crudele.
I tre attacchi contro chiese cristiane, hanno ucciso almeno 11 persone e ne hanno ferite decine, ed è stato rivendicato dallo Stato islamico. La famiglia, composta da madre e padre, le figlie di 9 e 12 anni, i figli di 16 e 18 anni, era legata alla rete estremista locale Jamaah Ansharut Daulah, che appoggia l’Isis.
Ma torniamo alla famiglia assassina. La donna, identificata come Puji Kuswati, e le due figlie indossavano il velo islamico niqab e avevano cinture esplosive legate in vita, quando sono entrate nella chiesa cristiana Diponegoro, dove si sono fatte esplodere.
Il padre, leader della cellula del gruppo islamista Jad, era alla guida di un’auto imbottita di esplosivo, con cui è entrato nella chiesa pentecostale centrale di Suranaya.
I figli erano a bordo di moto, anch’essi portando con sé esplosivi, e si sono fatti detonare nella chiesa di santa Maria. Attacchi, mirati a tutte le espressioni di culto cristiano, hanno colpito una chiesa cattolica, una pentecostale e una calvinista.
L’ipotesi dell’intelligence indonesiana è che l’azione sia stata organizzata dal gruppo Jemaah Ansharut Daulah (Jad), che ha giurato fedeltà all’Isis. Lo Stato Islamico ha poi rivendicato gli attacchi attraverso Amaq, organo di propaganda jihadista.
Un portavoce dell’agenzia di intelligence dell’Indonesia, il più popoloso Paese musulmano al mondo, oltre a ipotizzare il coinvolgimento dell’Isis ha aggiunto che gli attentati sono probabilmente collegati a una rivolta carceraria avvenuta pochi giorni fa vicino a Jakarta.
Alcuni militanti affiliati allo Stato islamico, infatti, avevano preso in ostaggio e ucciso cinque agenti per cercare di fuggire dall’istituto penitenziario di Depok, alla periferia della Capitale. Le forze di sicurezza erano poi riuscite a sedare la ribellione.
Cresce la persecuzione cristiana nel mondo, denunciava il Rapporto 2017 dell’organizzazione internazionale ‘Porte Aperte’, che ogni anno stila la lista nera dei 50 Paesi dove i fedeli cristiani sono più oppressi, vessati, discriminati, oggetto di abusi e violenze a causa della loro fede religiosa, condizionati nel privato e nella vita pubblica.
Sono oltre 215 milioni i fedeli perseguitati, uno su tre gravemente, in questi 50 Paesi più illiberali al mondo riguardo la religione, dove cresce la pressione anticristiana. 1.300 chiese attaccate, 1207 vittime.
L’ascesa del nazionalismo religioso sopratutto in alcune aree dell’Asia. L’India sale al 15/mo posto a causa del nazionalismo induista, che opprime la vita sociale dei cristiani in questo grande Paese. Ma anche nazioni come Laos, Bangladesh, Vietnam, Bhutan, che hanno origini e tipologie sociali completamente differenti. Fonte principale di ‘persecuzione anticristiana’, gli estremismi islamici, alcuni di loro molto noti per vicende tragiche in cui sono stati protagonisti, come Boko Haram, al-Shabbat o, come la tragedia di ieri in Indonesia, lo Stato islamico.
C’è anche la Coprea del nord nella lista nera anticristiana. Campi di rieducazione e di lavori forzati in cui sarebbero rinchiusi tra i 50 e 70 mila cristiani per il semplice fatto di essere cristiani o di aver posseduto una Bibbia.
Più volte gli allarmi di Papa Francesco. Con dichiarazioni e denunce inequivoche. «I martiri di oggi sono più dei martiri dei primi secoli».