
Italia a perdere con l’Iran. Ma non solo Italia. Ed ecco spiegata la reazione compatta di tutti i grandi dell’Unione, Francia e Gran Bretagna compresi, contro la linea di Trump. Ma la batosta peggiore rischia di essere proprio nostra, ed ecco il perchè. I numeri citati da Alessandro Barbera su La Stampa: Italia primo partner commerciale dell’Unione a Teheran. Nel 2011 interscambio di sette miliardi di dollari, due anni dopo le sanzioni internazionali avevano fatto crollare i volumi a meno di un quinto, appena 1,3 miliardi. La firma dell’accordo sul nucleare iraniano del 2015 l’ha nuovamente triplicato, e nei primi nove mesi dell’anno scorso -i più recenti dati disponibili- l’interscambio è risalito oltre i tre miliardi di dollari.
A doversi preoccupare è anzitutto la più grande e strategica delle multinazionali italiane: l’Eni. In oltre cinquant’anni i rapporti commerciali fra Italia e Iran non si sono mai interrotti, neppure nei momenti più bui della storia mediorientale. La decisione americana ora lo mette di fronte a un bivio. La richiesta americana è quella di interrompere ogni rapporto con l’Iran entro sei mesi, pena ‘conseguenze’ per chi ha rapporti con il sistema bancario americano. E l’’Eni ha interessi nell’estrazione nel Golfo del Messico, in Alaska e Texas, ‘cosa americana’. «Ci manca solo un tweet dell’ambasciatore [Usa] a Roma, simile a quello che il collega in Germania Richard Grenell ha postato su Twitter, avvertendo le aziende tedesche a interrompere immediatamente le attività a Teheran». Un po’ mafioso come avvertimento.
L’Eni soltanto la più grande di una lunghissima lista di aziende che in questi anni hanno ripreso o avviato gli scambio commerciali con Teheran. Tre anni fa, Gentiloni ministro degli esteri, con una delegazione di imprese italiane in Iran. Ferrovie, Ansaldo, Danieli, Fata, Maire Tecnimont, Immergas. Secondo le stime della Sace, la società della Cassa Depositi e Prestiti che si occupa del credito all’esportazione, nel 2019 le esportazioni italiane in Iran avrebbero dovuto recuperare il picco raggiunto del 2005, quando avevano sfiorato i 2,6 miliardi di euro. E soltanto pochi mesi fa, a gennaio, il ministro italiano dell’Economia Carlo Padoan e quello iraniano Mohammad Khazaei hanno raggiunto un accordo per l‘apertura di linee di credito da 5 miliardi di euro per facilitare gli investimenti delle aziende italiane.
Negli ultimi due anni sono stati raggiunti numerosi accordi con Teheran per un valore complessivo di circa 27 miliardi di euro (infrastrutture, ferrovie, costruzioni, petrolio, gas, energia elettrica, chimico, petrolchimico. L’intesa tra Roma e Teheran nel quadro legale di applicazione del Joint Comprehensive Plan of Action, l’accordo sul nucleare. Washington e da Tel Aviv avevano già criticato. Anche se non risulta che Trump, per ora, abbia rinunciato a vendere all’Iran 16 miliardi di Boeing, e perdere alcune migliaia di posti di lavoro. Accordi analoghi a quello con l’Italia, ricorda Alberto Negri, da mezzo mondo, per 500 miliardi. Quasi i 400 miliardi di dollari di mancate entrate e investimenti costati a Teheran gli ultimi 10 anni di sanzioni.