
Colpo di scena rubato all’avversario. L’Iran all’Europa, se ce ne fregassimo di Trump? Il presidente Rouhani: «Restiamo nell’accordo sul nucleare anche senza Usa», e la suspence che aveva cercato Trump ieri, annunciando via Twitter per oggi alle 20 ora italiana la decisione sull’accordo per il nucleare iraniano. Se gli Stati Uniti certificheranno o meno l’intesa siglata nel luglio 2015 dall’Iran
con un blocco di Paesi garanti, i cosiddetti 5 + 1, o introdurre o meno nuove sanzioni contro Teheran.
Ma tutto lascia capire – dichiarazioni, attacchi in Siria, raid israeliani – che stavolta Washington uscirà. Trump deve pagare pegno agli alleati mediorientali, Israele e Arabia saudita, e ha ‘aiutato’ a costruire il clima per la decisione programmata. I missili su basi siriane, a metà aprile, seguiti dai bombardamenti israeliani sulla Siria. E infine lo show di Netanyahu sulla presunta attività nucleare iraniana, smentita sia dall’agenzia di monitoraggio Aiea sia da esperti seri del settore.
«Gli ispettori dell’Aiea hanno trascorso 3mila giorni di calendario l’anno in Iran. Abbiamo installato 2mila sigilli a prova di manomissione su materiali ed equipaggiamento nucleare, raccolto centinaia di migliaia di immagini scattate ogni giorno dalle nostre sofisticate telecamere di sorveglianza, ovvero la metà di quelle raccolte in tutto il mondo». Cosa vogliono gli americani e israeliani più di così? il non detto da Aiea. L’ultimo rapporto dell’Agenzia per l’energia atomica è del 5 marzo.
Pieno rispetto da parte di Teheran degli obblighi assunti tre anni fa. Ma gli Usa di Trump vogliono la rottura? Cedimenti di nuova trattativa, come ha provato a cedere il giovin Macron? A sorpresa l’Iran rilancia. Dopo aver minacciato misure gravi nel caso di un’uscita statunitense dall’accordo, ieri il presidente Rouhani ha rilanciato palla in campo europeo: Teheran resterà fedele all’accordo anche nel caso di un recesso Usa se le altre parti, Unione Europea, Cina e Russia, faranno altrettanto.
«Se possiamo ottenere quanto desideriamo da un accordo senza l’America, l’Iran continuerà a impegnarsi nell’intesa. Ciò che vogliamo è che i nostri interessi siano garantiti dai firmatari non americani. Liberarsi della problematica presenza degli Usa all’Iran va benissimo». E alla fine, ha detto Rouhani, «gli Stati uniti saranno il maggiore perdente, un errore di cui si pentiranno». Sul fronte regionale opposto, ancora Netanyahu, «determinato a fermare l’aggressione israeliana anche al costo di uno scontro». Tel Aviv, potenza nucleare, accusa Teheran di volere un arsenale simile per colpire lo Stato ebraico.
Più rozzo il ministro per l’Energia israeliano Steinitz, membro del Likud, che minaccia direttamente di morte tira in mezzo il presidente siriano Assad, «Se continuerà a permettere all’Iran di operare fuori dalla Siria». Troppo persino per l’esagitato ministro degli esteri inglese Boris Johnson, ieri a Washington. In visita alla Casa bianca, ieri, ha avvertito Trump del pericolo insito nel recesso dal Jcpoa, «l’opzione che presenta il minor numero di svantaggi» e quella che può impedire una corsa all’armamento nucleare. Johnson, in una lettera aperta sul New York Times: «Ritengo che mantenere i paletti dell’accordo aiuterà anche a rispondere all’atteggiamento aggressivo di Teheran nell’area».
Johnson ha parafrasato anche Winston Churchill: «Di tutte le opzioni che abbiamo per assicurare che l’Iran non ottenga il nucleare, l’accordo del 2015 offre gli svantaggi minori». In più, con gli Stati Uniti fuori dal patto lo strappo con gli alleati d’Oltreoceano sarebbe clamoroso. Hanno provato a spiegarlo Macron, Merkel, e ora lo scapigliato Boris Jhonson, costretto ad accontentarsi di parlare col vice presidente Mike Pence e col segretario di Stato Mike Pompeo. Ma il messaggio da Londra resta chiaro: «Se si rottama l’accordo Trump dovrà dire cosa farà dopo. E non credo sia realistico bombardare i siti iraniani».
Il pressing di Israele perché l’America abbandoni l’intesa con Teheran è ossessivo, assieme a quello dell’altro alleato strategico degli Stati Uniti in Medio Oriente, l’Arabia Saudita. Da Parigi e da Berlino, anche ieri ennesimo appello alla Casa Bianca, per evitare una nuova escalation. Con l’iraniano Rouhani da Teheran che ha indirettamente posto all’Europa il quesito chiave: per l’America di Trump, pesano e contano di più Israele e Arabia saudita o l’Europa di Gran Bretagna, Germania e Francia?