Europa in fuga da Trump: dazi, Iran, e il rozzo Pompeo

L’Atlantico sempre più Oceano

Europa fuga da Trump. C’è anche Theresa Brexit nel terzetto che, conosciuto il personaggio che comanda dall’altra parte dell’oceano, decide che è arrivato il momento di mettere un po’ di cose in chiaro col rude alleato. Angela Merkel, Emmanuel Macron e Theresa May, dopo le blandizie diplomatiche tentate a Washington, avvertono gli Usa: non impongano dazi alle merci dell’Ue o l’Unione si difenderà, a tutela dei propri interessi.
Più diretto il portavoce tedesco citato dai media internazionali: «Gli Usa non devono prendere alcuna misura commerciale contro l’Ue, altrimenti l’Ue sarà pronta a difendere i propri interessi nel quadro delle regole del commercio multilaterale».

Non solo dazi

Peggio. Londra-Parigi-Berlino sostengono l’accordo con l’Iran. Secondo la loro valutazione, infatti, è lo strumento migliore per impedire a Teheran di sviluppare armi nucleari. A riferirlo questa volta è Downing Street. I tre leader sono d’accordo tuttavia sulla possibilità di emendare il testo dell’intesa, allargandolo alla questione dei missili iraniani, e non escludendo quindi “un nuovo accordo”. Concessione a Washington, dove Trump deve decidere entro il 12 maggio se ritirare o meno gli Stati Uniti dall’intesa.
Ma il presidente iraniano Hassan Rohani ha detto a Emmanuel Macron che l’accordo internazionale sul nucleare del 2015 “non è negoziabile in alcun modo”. Lo riferisce il francese Nouvel Observateur.

Iran nemico assoluto

Il segretario di stato Mike Pompeo, fresco di nomina, alla sua prima missione intende rassicurare Riyadh e Tel Aviv su una rinnovata linea del pugno di ferro contro Tehran. E avverte che Trump il 12 maggio con ogni probabilità uscirà dall’accordo Jcpoa sul nucleare iraniano. Il tempo di giurare nelle mani del giudice della Corte Suprema Usa ‎Samuel Alito, italo-americano come lui, e Mike Pompeo è partito per la sua prima ‎missione all’estero da Segretario di stato.
Una rapida tappa al ‎vertice dei ministri degli esteri della Nato a Bruxelles, sopratutto a battere cassa. Pompeo si è diretto in Medio ‎oriente per incontri in Arabia, saudita, Israele e Giordania, i principali alleati, ‎assieme all’Egitto, degli Stati uniti nella regione. Tema centrale dei colloqui, l’Iran.

Garanti Usa israelo sauditi

A Riyadh con l’erede al trono Mohammed bin Salman, ‎ormai partner di primissimo piano delle strategie dell’Amministrazione Usa in ‎Medio oriente. Poi Natanyahu, che sembra quasi far parte diretta dell’amministrazione Usa. Oggi i giordani.‎ Dopo le moine di Trump con Macron e il gelo con frau Merkel, Pompeo a Bruxelles è stato ‎fin troppo esplicito: ‎«Il presidente è stato ‎chiaro senza modifiche sostanziali, senza superare le carenze e i difetti ‎dell’accordo, è improbabile che rimanga in quella intesa dopo questo maggio‎». Una ‎linea che proprio Pompeo intende ulteriormente irrigidire, lui che qualche tempo fa -ricorda Michele Giorgio su il Manifesto- ‘‎ha proclamato che 2.000 missioni di bombardamento aereo sono la soluzione giusta ‎per il nucleare iraniano’.‎

Falchi e avvoltoi

Falco apertamente contrario al ‎Jcpoa Mike Pompeo, come il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton e ‎l’ambasciatrice alle Nazioni Unite Nikki Haley. Sull’uscita di Trump dall’accordo sul nucleare iraniano puntano Arabia saudita e Israele che ‎vogliono l’imposizione immediata di pesanti sanzioni economiche e politiche ‎all’Iran e che sia tenuta in considerazione anche “l’opzione militare”.
Mantiene una posizione più defilata la Giordania, leggermente più aperta nei confronti ‎di Tehran e che vede nella fine dell’accordo del 2015 una sfida alla sua stabilità, ‎tenendo conto della sua posizione geografica e politica. Pompeo cercherà di ‎rassicurare Riyadh e Tel Aviv, linea del pugno di ‎ferro a differenza del suo predecessore Rex Tillerson licenziato in ‎tronco da Trump.

Kim, la Turchia e i curdi

Pertita mediorientale perocolosa ora che ‎l’Amministrazione Trump non vede più nella Corea del Nord il nemico principale ‎degli Usa.‎ Con alcune stranezze di contorno. A Bruxelles il Segretario di Stato si è mostrato relativamente conciliante con la ‎Turchia nonostante il dissenso espresso nei confronti dell’intenzione di Ankara di ‎dotarsi del sistema di difesa antimissile russo S-400. A costo dell’ultimo tradimento nei confronti dei curdi.
Pompeo ha lasciato capire al ‎ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu che gli Usa potrebbero rivedere il ‎sostegno (molto relativo)offerto sino ad oggi alle milizie curde in Siria. Milizie che la Turchia ‎vuole cacciare, non solo da Afrin come ha già fatto, formalmente in nome di un sostegno ‎all’integrità territoriale della Siria, ma pensando ai suoi confini e alla questione curda in casa.

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