
Terrorismo, smantellata rete Amri: cinque arresti
Nuova operazione antiterrorismo della Polizia di Roma e Latina che hanno arrestato diverse persone riconducibili alla rete di Anis Amri, il tunisino autore della strage al mercatino di Natale di Berlino, ucciso a Sesto San Giovanni il 23 dicembre del 2016.
Sono cinque le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip del Tribunale di Roma nei confronti degli arrestati: i reati ipotizzati, addestramento e attività con finalità di terrorismo internazionale e associazione a delinquere finalizzata alla falsificazione di documenti e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Oltre agli arresti, sono in corso una serie di perquisizioni nelle province di Latina, Roma, Caserta, Napoli, Matera e Viterbo.
Anis Amri, il tunisino autore della strage al mercatino di Natale di Berlino, ucciso a Sesto San Giovanni il 23 dicembre del 2016
L’allarme del ministro a rendere pubblico un pericolo che stava diventando palese per tutti, a volerlo leggere. Gli arrestati dell’Antiterrorismo in questi giorni, e prima l’incremento delle espulsioni di elementi legati al radicalismo islamico, e poi il solitamente silente ministro Marco Minniti a rendere pubblico l’allarme in corso. Non siamo più soltanto un Paese di transito per il Jihad globale che dai territori di Siria, Iraq e dintorni si sposta in Europa.
«Stiamo diventando una delle trincee del Vecchio Continente nelle quali ‘Isis 2.0’ combatte», denuncia Umberto De Giovannangeli sull’Huffington Post. Non è solo un dato quantitativo citato sopra, tra arresti ed espulsioni, ma è qualcosa di più profondo, qualitativo, legato alle scelte strategiche dei comandi militari dello Stato islamico dopo le sconfitte sul campo subite in Siria, in particolare a Raqqa, e in Iraq con Mosul.
L’esempio di cosa analisti e antiterrorismo temono, viene dall’Afghanistan. Come al-Qaeda dopo la reazione americana all’11 Settembre. Scalzato dai territori del Califfato, lo Stato islamico si reinventa in una struttura meno piramidale, fondata su cellule a compartimenti che decidono tempi e modi di azione. «Comando strategico impiantato nell’area desertica ai confini tra Libia e Tunisia», per De Giovannangeli. Ed ecco pronto l’altro elemento di preoccupante novità, il rischio della ‘jihad dei barconi’, e non per fare del leghismo mal riuscito.
«Che da tempo esista un patto criminale tra milizie jihadiste, nel Maghreb e nell’Africa centrale, e trafficanti di esseri umani, è cosa nota. La novità consiste nella diversificazione delle rotte e nei mezzi utilizzati». L’opera di contrasto attuata in Libia, spiegano fonti a contatto con i militari italiani a comando Aise -servizi segreti esteri- che operano nel Paese nordafricano, ha costretto ‘Isis 2.0’ (come molti hanno ribattezzato l’ex Isis) a puntare su coste e porti meno controllati dalle forze locali e da quelle internazionali: Tunisia e Algeria, per l’appunto.
L’ex Isis, in attesa di nuova sigla che lo identifichi, si decentra. Qualcuno, dopo l’attentato di giorni fa in Francia, già parla di una “jihad delle campagne”, affidata a lupi solitari, foreign fighter di ritorno e a nuovi indottrinati. Mentre, il diradarsi degli attentati e delle cronache di guerra fa abbassare la guardia nell’opinione pubblica. Nasce da qui -probabilmente- il grido d’allarme lanciato dal ministro dell’Interno Marco Minniti nella intervista concessa a La Stampa. Oltre a notizia che lui ha ma che certo non può diffondere. Ma l’avvertimento che viene dai recenti arresti è chiaro.
«Il quadro della minaccia di Isis rimane radicalmente immutato. Anzi, la caduta di Raqqa e Mosul, se da una parte fa venir meno l’elemento ‘territoriale’ del Califfato, dall’altro aumenta la pericolosità dell’altra componente, quella terroristica. Grazie a un’indagine svolta da personale super-specializzato – continua Minniti – siamo stati capaci di penetrare un ‘cuore di tenebra’. Lì veniva utilizzato il vocabolario tipico dell’Isis e di Al Adnani, il ministro della propaganda del Califfato».
Minniti parla dell’arresto a Foggia dell’egiziano che indottrinava i bambini ai precetti dell’Isis, e rileva che l’indagine ha disegnato uno “scenario assolutamente agghiacciante. Una cosa che non ha eguali in Occidente. L’unica cosa che si può associare alla ‘scuola’ di Foggia – dice il ministro – sono le immagini che provenivano dal profondo dell’Iraq e della Siria, quelle di bambini addestrati a usare la pistola o utilizzati per esecuzioni capitali”.
Sui bambini che frequentavano le lezioni dell’egiziano arrestato” certamente gli educatori e gli psicologi dovranno lavorare molto. Ma – prosegue Minniti – l’importante è che, grazie a un’indagine svolta da personale super-specializzato, siamo stati capaci di penetrare un “cuore di tenebra”. Lì veniva utilizzato il vocabolario tipico dell’Isis e di Al Adnani, il ministro della propaganda del Califfato. L’elemento di novità assoluta è che tutto questo avviene qui, non a Dacca o nei territori dell’Isis. Nel cuore dell’Europa”.