Soldati, spie ed inquisitori privati, burattini per nascondere

Tangentopoli saudita

Il 4 novembre 2017 commissione governativa anti corruzione voluta dall’erede al trono saudita, principe Mohammed bin Salman, MbS per sintesi popolare, ha fatto arrestare ministri, membri della famiglia reale, delle forze armate e uomini d’affari. Tra gli arrestati, -dettagli di Pietro Orizio su Analisi Difesa-personaggi del calibro di al-Waleed bin Talal, nipote del re e uomo più ricco del Medioriente con un patrimonio di 17 miliardi di dollari e partecipazioni in Twitter, Lyft e Citigroup, l’investitore saudo-etiope Mohammed al-Amoudi con un patrimonio del valore di 10,4 miliardi di dollari, il pezzo grosso dei media da 2,5 miliardi, Saleh Kamel, il tycoon dei centri commerciali Fawaz Alhokair, da 1,16 miliardi e perfino Bakr bin Laden, magnate delle costruzioni e fratellastro di Osama, il padre di Al-Qaeda.

Import di ‘inquisitori privati’

Non potendosi fidare delle forze di sicurezza ordinarie, il principe ereditario mette in campo il suo schieramento di inquisitori privati, 150 contractors giunti appositamente da Abu Dhabi, che con sistemi ‘decisi’, hanno ottenuto informazioni sui 100 miliardi di dollari svaniti in corruzione. L’Arabia Saudita d’altronde ha visto le PMSCs statunitensi muovere i primi passi. Nel 1975 la Vinnel Corporation è stata la prima società americana a firmare un contratto per l’addestramento di forze armate straniere: 77 milioni di dollari per l’addestramento della Guardia Nazionale saudita, attraverso 3.000 contractors, tra cui ex membri delle forze speciali e reduci del Vietnam. Il Regno saudita è stato anche uno dei primi luoghi in cui i contractors sono stati colpiti, compound della Vinnel costato la vita a 27 persone, tra cui 14 occidentali nel maggio 2003.

Mercenari di Sua Maestà

Tutto iniziò durante la guerra civile in Yemen degli anni ’60 quando alcuni imprenditori britannici decisero di assoldare dei mercenari per difendere i propri interessi. Da questa operazione nacque la prima PMC. Storia di violenze e massacri de mezzo mondo. Recentemente il piano degli Emirati Arabi Uniti (poi fermato dagli Usa) per cacciare l’attuale monarca del Qatar con 15.000 contractors, colombiani e sudamericani addestrati e comandati da americani, britannici, francesi ed australiani della ex Blackwater. Khalifa bin Zayed bin Sultan Al Nahyan emiro di Abu Dhabi nel 2010 ha assunto Erik Prince per costituire un’unità per operazioni speciali con un forte contributo di soldi sauditi, da impiegare anche nella guerra in Yemen e bombardamenti aerei in Libia, in supporto a Khalifa Haftar.

Intelligence e spie private

Novità assoluta, la creazione di un vero e proprio apparato d’intelligence nazionale degli Emirati Arabi Uniti. Ex membri e dirigenti di servizi d’intelligence occidentali – CIA, principalmente – sono stati riuniti in una struttura a 30 minuti da Abu Dhabi, con una paga giornaliera di circa 1.000 dollari ed alloggio presso ville o hotel a 5 stelle, scrive Orizio. Operazione avviata nel 2008 da Larry Sanchez, ex agente CIA. Operatori d’intelligence a contratto farebbero parte anche di una recente proposta presentata al presidente Trump, l’istituzione di una rete di intelligence parallela a quella statunitense ufficiale. Il progetto della società Amyntor Group comprende la raccolta di informazioni su terroristi attraverso “un network di risorse in aree proibite”. Per la Cyber security (e non solo) sta conquistando mercato Israele.

Reprimere senza pietà

I contractors si sono occupati anche di repressione dei dissensi interni. Governo britannico e società di sicurezza private scozzesi che collaborano con Paesi come Arabia Saudita e Bahrain. 16 miliardi di sterline di forniture militari britanniche nel 2010, rivela Arming Repression. Lo scozzese Graeme Lamb, ex comandante delle special forces di Sua Maestà ha operato per conto della Aegis Defence e G3 in Bahrein per 1,5 milioni di sterline. La ‘professionalità protagonista’ del giro di vite saudita, quella dei ’97E’, “97 Echoes”, il numero di classificazione del corso inquisitori nei college militari americani. I ’97E’ nascono all’indomani dell’11 Settembre quando, a causa di una drastica fuga di cervelli iniziata negli anni 90, il Governo americano ha dovuto rivolgersi a società private per ottenere linguisti, traduttori e qualcuno che interrogasse i prigionieri della Guerra al terrore.

La paga del torturatore

Agli inquisitori venivano proposti 6 mesi nelle prigioni irachene o afghane, con turni fino a 14 ore al giorno, 7 giorni su 7. Ma il salario si aggirava intorno a 70.000/90.000 dollari oltre a diversi bonus: 2.000 dollari alla firma del contratto, 1.000 a metà turno e 2.000 a fine missione. Bonus venivano raddoppiati per chiunque si fosse ripresentato. Le PMSC addebitavano al Governo fino a 200 dollari all’ora per quei servizi in prigioni come Abu Ghraib, Camp Cropper e Camp Whitehorse. Lì, affiancavano il personale militare o dell’intelligence durante sessioni di ‘domanda e risposta’, con la possibilità di impiegare fino a 17 tecniche ‘ufficialmente previste’, compreso il ‘waterboarding’, la terribile simulazione d’annegamento. Si dice che l’85% degli interrogatori condotti dalla CIA dopo l’11 Settembre impiegasse i contractors.

‘Waterboarding’ e dintorni

«Sebbene Donald Trump sia favorevole alla tortura per ottenere informazioni da terroristi o presunti tali, generali ed alti funzionari l’hanno spesso contestata», sostiene Orizio. «L’uso dei contractors per gli interrogatori fa parte di un problematico e ormai consolidato trend del Governo americano». Per i crimini di Abu Grahib, mentre 11 militari sono stati condannati, nessun dei 5 contractors implicati è mai stato processato. Sebbene CIA e Dipartimento della Difesa abbiano bandito l’impiego d’inquisitori privati, esisterebbero tuttavia eccezioni in caso di vitali questioni di sicurezza nazionale. Inoltre, un ampio bacino di maestranze sono comunque disponibili sul mercato al miglior offerente. E, come abbiamo visto, inquisitori e torturatori formato ‘export’.

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