America First e Russia seconda applaudono i piccoli nazionalismi

Il gatto, la volpe e il povero grillo parlante

La politica estera a spintoni di Trump, quella più manierosa di Putin, ma le sollecitazioni dei due al mondo, sostanzialmente coincidono. ‘America First’ grida l’energumeno. Potenza politico militare gestita con accortezza spregiudicata, replica nei fatti il secondo. Della Cina parliamo un’altra volta, visto che di Europa si occupa per ora marginalmente. Putin-Trump sembrano litigare su molto, ed esibiscono muscoli fa dine del mondo. Guerre fredda sempre più al microonde.
Rinnovo dell’arsenale nucleare Usa con le mini atomiche tattiche. Il missile ipersonico russo, risponde Mosca che deve pur replicare ad un bilancio del Pentagono record di 686 miliardi di dollari, di cui 597 per il bilancio ordinario e 89 per finanziare le missioni all’estero con un balzo in avanti di 74 miliardi rispetto all’anno scorso.
Molto su cui litigare, Russiagate ed elezioni italiane ad unirli. Strano vero?
Su Russiagate troppo è già stato detto e tanto altro dovremo ancora dire, ed è facile capire l’interesse coincidente. Ma perché proprio sui risultati elettorali italiani applaudono assieme Steve Bannon e il presidente della Commissione esteri del Consiglio della Federazione russa, Konstantin Kosachev?

Evviva i populisti entieuropei

Esattamente un anno fa, Lucio Caracciolo, Limes, così descriveva la situazione geopolitica.
«l’Ue allargata a 28 (presto a 27, dopo la fuoriuscita del Regno Unito), si misura con il (relativo) disimpegno americano, le velleità di potenza della Russia e la centralità geoeconomica della Germania». Ieri come oggi. Salvo dettagli che ci riguardano però da vicino.
Per Washington – non solo per Trump – l’Europa non è affatto una priorità.
Quanto alla Russia, viene considerata una minaccia nei Paesei fra Mar Baltico e Mar Nero, con la Polonia neonazionalista perno dello schieramento antirusso.
«A mano a mano che nell’ambito dell’Unione Europea ci si sposta verso occidente, il grado di russofobia si addolcisce, fino a toccare in Italia il culmine della russofilia: sia Renzi che Gentiloni non hanno fatto mistero di auspicare la fine delle sanzioni anti-Russia, che penalizzano seriamente la nostra economia», diceva a marzo 2017 Caracciolo.
Lega, Stelle e Berlusconi oggi, e Mosca (assieme a Bannon e non solo) festeggia.

La forza dei populisti le debolezze degli avversari

La tripla sfida su cui i vecchi partiti europei, non solo in Italia, stanno infrangendosi, secondo Pierre Haski, de L’Obs, Francia. Uno: ruolo dell’Europa nella nuova fase della globalizzazione che si preannuncia. Due: la trasformazione tecnologica che sconvolgerà il mondo del lavoro. Tre: la sfida migratoria reale o fantasticata, percepita da una parte degli europei come una minaccia alla propria identità. Immaginare come Di Maio o Salvini potranno raffrontare simili questioni, è altro argomento.
«Di fatto, questa incertezza in Europa, che va avanti da vari mesi, ha lasciato una prateria alle forze populiste che, con risposte autoritarie, hanno convinto una parte sempre più nutrita del proprio elettorato nazionale», conclude Haski.
Dunque, non sono i populisti a essere forti, ma i loro avversari a essere deboli. Il picco del populismo passerà solo quando l’offerta politica sarà effettivamente rinnovata e adattata alla nostra epoca, sostengono molti analisti. Nel frattempo, l’Europa continuerà a essere il bersaglio anche delle forze interne che ne vogliono la distruzione.

Il vuoto politico in Italia e in Europa

In un momento in cui il mondo avrebbe bisogno di un’Europa forte e capace di pesare sulla scena internazionale, le elezioni italiane confermano la crisi delle grandi forze politiche che avevano strutturato lo scacchiere nazionale e paneuropeo dalla fine della seconda guerra mondiale, sottolinea Bernard Guetta, di France Inter.
La socialdemocrazia e la democrazia cristiana o filiazioni varie, perdono elettori a ogni scrutinio.
Si è creato un vuoto, mentre le nuove estreme destre, con un 20 per cento medio dei voti, si stanno inserendo sulla scena politica.
Perché non gridare alla fine del mondo?
«Il primo è che il fascismo non conquista Roma, dove l’estrema destra ha comunque meno voti del Front national in Francia. Il secondo motivo è che gli italiani sono talmente poco inclini a seppellire l’unità europea che il Movimento 5 stelle, diventato il primo partito d’Italia sull’onda dello slogan “vaffanculo”, ha passato le ultime settimane a fare marcia indietro dall’euroscetticismo della prima ora abbandonando qualsiasi idea di uscita dall’euro».

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