Servizi segreti Italia Russia alleati contro gruppi jihadisti in Libia

Italia Russia pronte a collaborare in Libia e non soltanto, per fronteggiare le infiltrazioni dei combattenti ex Isis in fuga da Siria e Iraq, verso quel deserto libico che, è stato ormai accertato, diventa uno degli ultimi rifugi possibili dopo le sconfitte di Mosul e Raqqa. Ed ecco l’incontro a Mosca tra il direttore del servizio segreto estero italiano, l’Aise, Alberto Manenti, con la controparte russa, il padrone dei casa Nikolai Patrushev, capo del servizio federale di sicurezza, l’SFB, erede del sovietico KGB. Lo scrive l’agenzia Nova ed escono altri riscontri sulla stampa araba comunque interessata.
Una chiave di lettura della situazione libica in particolare, estremamente interessante per l’Italia visto che Mosca appoggia il generale Haftar, padrone della Cirenaica e avversario del premier Al Serraj, sostenuto invece da Roma. Alleati contrapposti tra i libici ma nemico comune dichiarato sul campo per Italia e Russia: secondo le agenzie di intelligence russe tra Siria ed Iraq rimangono tra gli 8 e gli 11mila jihadisti, una parte nelle zone remote non ancora riconquistate di quei territori, una parte già fuggiti altrove. Deserto libico tra queste.

L’inconsueta foto dell’incontro tra capi delle spie comparsa su un giornale moscovita

Fronte libico di interesse preminente italiano, Mosca che ha chiesto aiuto all’Italia per impedire che le divisioni del fronte anti jihadista in Siria portino a spezzare l’alleanza tra l’occidente e la Russia dando nuovo respiro a diverse forme di integralismo islamico. Con questo obiettivo, la missione ancora più segreta del capo dei servizi siriani Ali Mumluk a Roma. Media libanesi, vicini a Damasco, parlano di un suo viaggio in gran segreto su un aereo privato, flotta Aise ad anonimato garantito, di un vertice con lo stesso Manenti, e non soltanto.
Anche i siriani come i russi avvertono che l’ex Isis non è ancora distrutta. Resistono nella regione di Deir-ez-Zour dove i curdi, distratti dall’offensiva turca ad Afrin, non riescono ad entrare. Ma le bandiere nere del califfato sventolano ancora nella periferia sud di Damasco, nei quartieri di Yarmouk, Al-Hajar e Al-Tadamon, a pochi chilometri dal palazzo presidenziale di Bashar al-Assad. Oltre al territorio del Ghouta a nord, battaglia in corso, dove i protagonisti che tengono la popolazione civile in ostaggio sono filiazione diretta di al-Qaeda.

Roma aveva già iniziato ad aprire i contatti ad alto livello con la Siria più di due anni fa, con una visita di Alberto Manenti a Damasco, a seguire quella di Muhammad Dib Zeytun a Roma. I partner europei erano stati informati sulla natura dei contatti con i siriani. “Al Akhbar” la fonte giornalistica libanese di questi dettagli, ha appreso infatti che da più di due mesi i rapporti, focalizzati sui dossier del controterrorismo e della questione dei profughi siriani, sono ripresi. Damasco ha chiesto che i rapporti tra i due paesi si evolvano ora su un piano politico.
Partita aperta tra chi sarà il tramite gradito tra le parti: Unione Europea, attraverso Federica Mogherini propone l’Italia, il Direttore dell’Ufficio della National Security, Ali Mamluk, rilancia Damasco, anche se il suo nome ricorre nella ‘Black list’. Inciampo superato recentemente senza dirlo in giro con l’incontro tra i direttori della rispettive agenzie di intelligence a Roma. Nel corso della sua visita italiana -sempre fonte araba- il Generale Mamluk avrebbe incontrato anche il Ministro dell’Interno, Marco Minniti.

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