Saakashvili l’Amerikano di Georgia espulso dall’Ucraina in Polonia

Più che un uomo, una carta geografica

Divenuto presidente della Georgia ex sovietica dopo un lungo esilio negli Stati Uniti dove è stato adeguatamente preparato (da cui l’Amerikano con la kappa attribuitogli a Tblisi), fa il presidente per un po’ prima di essere cacciato e privato della cittadinanza, arriva in Ucraina, ne diventa cittadino e governatore della Regione di Odessa, poi litiga col presidente Poroshenko e perde potere e cittadinanza. Ora, dalla galera alla Polonia da apolide, il tipo giusto per Jarosław Kaczyński.

Mikheil Saakashvili, l’ex presidente georgiano a capo della Rivoluzione delle Rose sponsorizzata da Soros del 2003, poi governatore della Regione ucraina di Odessa e infine apolide, è stato prelevato da uomini dal volto coperto in un ristorante di Kiev e imbarcato su un volo diretto a Varsavia.
«Questa persona era sul territorio ucraino illegalmente e perciò, in conformità con tutte le procedure legali, è stato rimandato nel Paese da cui è arrivato», il comunicato secco. Manco un nome per l’ex tutto, solo il suo essere clandestino, che di questi tempi è lezione di vita.

L’ex presidente sarebbe stato prelevato mentre si trovava in un ristorante georgiano che non dista molto dal quartier generale della forze politica che ha creato in Ucraina. Prelevato e messo su un aereo per la Polonia. La scorsa settimana era arrivato il verdetto di una Corte d’appello che aveva respinto la sua richiesta di essere protetto, nel caso avesse dovuto affrontare un ordine di deportazione. Ieri pomeriggio il finale con le maniere forti e veloci.
Richiesta di asilo politico in Polonia, c’è da attendersi, nonostante la libenea dura del governo di Varsavia nei confronti dell’immigrazione. Per Saakashvili il rischio di estradizione a Tblisi, dove è stato riconosciuto colpevole di abuso di potere e appropriazione indebita, e condannato in contumacia per crimini risalenti alla sua presidenza.

L’eroe della Rivoluzione georgiana delle rose, presidente della Georgia dal 2004 al 2013, aveva fatto il suo ingresso sulla scena politica ucraina nel 2015 quando era stato nominato governatore di Odessa. Ben presto tra lui e il presidente ucraino Petro Poroshenko erano iniziati i dissidi: Saakashvili si era dimesso denunciando la corruzione e Poroshenko per risposta lo aveva privato della cittadinanza. Privato già di quella georgiana, quando aveva prestato fedeltà all’Ucraina, Saakashvili si era perciò ritrovato di colpo “senza patria”.
Nonostante il veto di Kiev e la richiesta di estradizione di Tblisi, dopo varie peregrinazioni, l’ex presidente era riuscito a tornare in Ucraina dalla Polonia lo scorso 10 settembre. Il 5 dicembre era riuscito a sfuggire a un precedente tentativo d’arresto.

Misha Saakashvili, detonatore senza timer

Le rocambolesche avventure dell’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili.
Una impressionante lista di “ex”: ex presidente, ex governatore, ex georgiano, ex ucraino e per molti anche ex ragionevolezza. Personalità dirompente, sulla psiche nessuno azzarda.
“Saakashvili è un detonatore senza timer, che può esplodere in ogni momento,” spiega a eastwest.eu Kornely Kakachia, direttore del think-tank Georgian Institute of Politics, “e Tbilisi e Kiev giocano a ping-pong, passandoselo nella speranza che non scoppi nel loro campo.” Ora è in Polonia e saranno presto guai anche per Jarosław Kaczyński, che di suo già non abbonda in equilibrio.

Bignami da eastwest.eu
Nel 2015 il presidente ucraino Petro Poroshenko chiamò Saakashvili, suo compagno all’università a Kiev, offrendogli il governatorato di Odessa per ripulire la città porto sul Mar Nero dalla corruzione e aumentarne l’efficienza economica. L’ex presidente, in esilio volontario negli Stati Uniti dopo la sconfitta elettorale del 2014, accettò e abbracciò la causa dell’Ucraina post-Maidan.

Di tornare in Georgia non se ne parlava nemmeno visti i guai giudiziari. Privato delle cittadinanza georgiana prese quella ucraina, perfezionò il suo già ottimo ucraino e si trasferì armi e bagagli a Odessa. Tbilisi non la prese bene. Le pressioni su Kiev per estradarlo in patria dove pendono accuse per vari reati, dall’abuso di potere alla corruzione, non portarono solo a scambi di sgarberie.

Due anni, e la luna di miele tra Poroshenko e Saakashvili si è trasformata in guerra. Petro gli revoca la cittadinanza ucraina, rendendolo di fatto l’apolide più famoso del mondo. Ma Misha rientra in Ucraina violando il confine dalla Polonia, guida manifestazioni, scala tetti, mobilita sostenitori per bloccare l’arresto, affronta la cattura, e al processo di fronte alle telecamere di mezzo mondo canta l’inno nazionale ucraino e georgiano.

Tra le soluzioni prede in considerazione, l’estradizione a Tbilisi, ma la pressione internazionale e interna sarebbe stata troppo forte. Ed ecco, alla fine, la trovata Polonia. Da verificare nel tempo la minor pericolosità del tempo. Misha della rivoluzione permanente. Persino per Putin che alla conferenza di fine anno, lo usa come esempio di inconsistenza.
Parlando del movimento “Occupare Wall Street”? « Anche quelli erano un mucchio di Saakashvili».

Misha ha diviso anche il partito da lui fondato, quel United National Movement che nel 2003 aveva guidato la Rivoluzione delle Rose cui soldi di Soros e dintorni Atlantici. Dopo l’ennesima sconfitta elettorale dell’ottobre 2016 lo Unm si è spaccato tra sostenitori del leader storico e coloro che sono riuscici ad allontanarlo.

“Il sostegno sul quale può contare è minimo, lui stesso lo sa,” continua Kakachia. “Sta puntando tutte le sue carte sull’Ucraina, nella speranza che un successo lì gli spiani la strada per un rientro in grande stile. Il problema è che nemmeno a Kiev gode di un’ampia popolarità, la gente è d’accordo con le sue idee, ma rimane un personaggio che divide, laggiù come qui.”

Ora il sindaco di Tbilisi è l’ ex calciatore del Milan Kakha Kaladze, e lui, Misha, apolide scomodo in cada polacca. Improbabile ritorno verso la Georgia, e velleità rischiose verso l’Ukraina dove la gente è stanca della corruzione endemica -cavallo di battaglia di Misha- ma non è pronta a una terza Maidan e a un suo ritorno”.

 

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