Il Califfo ancora vivo e quei jihadisti che nessuno vuole

Richard Spencer sul The Times da Beirut

«Abu Bakr al-Baghdadi, the leader of Islamic State’s so-called caliphate, is alive..». Abu Bakr al-Baghdadi, è vivo ma era così gravemente ferito in un raid aereo dell’anno scorso che non è stato in grado di gestire l’organizzazione per cinque mesi. «Abbiamo informazioni e documenti inconfutabili da fonti interne al terrorismo che Baghdadi è ancora vivo e nascosto», afferma Abu Ali al-Basri, capo dell’Intelligence e dell’antiterrorismo iracheno.
Di più: Baghdadi si nascondeva nella regione di Jazeera, una zona desertica della valle centrale dell’Eufrate, nella Siria orientale, vicino al confine con l’Iraq. È una delle tre enclavi in Siria ancora controllate da Isis, sebbene siano circondati dalle forze del governo iracheno un lato, e dai combattenti kurdi siriani sostenuti dagli Stati Uniti. Sperando che adesso, la guerra privata turca, non aiuti un’altra volta il Califfo, aggiungiamo noi.

La sorte di Baghdadi un mistero per mesi

A giugno la Russia e il governo siriano ritenevano che Baghdadi fosse stato ucciso in un raid aereo russo il 28 maggio. All’epoca i funzionari americani dissero che non avevano prove per confermare e i russi non hanno mai rivelato la fonte delle loro informazioni. Adesso una smentita che è mezza conferma: lo ‘strike’ russo aveva davvero colpito l’obiettivo, però senza ucciderlo. I funzionari iracheni antiterrorismo svelano inoltre che Baghdadi era stato curato in un ospedale in una zona sotto controllo del califfato. Ferite, fratture, diabete.

La ‘non smentita Usa’

Il colonnello Ryan Dillon, portavoce di Operation Inherent Resolve, la coalizione guidata dagli Stati Uniti contro l’ex Isis, ammetta all’incontrario. «Non abbiamo prove chiare che al-Baghdadi sia stato ucciso, quindi supponiamo che sia ancora vivo». Conclusione pratica, la caccia continua contro tutta le leadership del fantomatico Stato Islamico. E l’Iraq, considera Richard Spencer, ha diffuso la notizia della probabile sopravvivenza di Baghdadi per dire che non è finita. Non solo guerra ma aiuti: 88,2 miliardi di dollari per ricostruire città e città distrutte, in particolare Mosul, per metà spianata nella battaglia finale.

Sempre The Times altri tagliagole

Gran Bretagna e Stati Uniti litigano sul destino di Alexander Kotey e El Shafee Elsheikh, terroristi Isis catturati. I due jihadisti londinesi sospettati di essere membri della cellula omicida dello Stato Islamico soprannominata ‘I Beatles’, inteso proprio come scarafaggi. Tagliagole e torturatori. La difesa Usa non li vuole a Guantanamo e dice ai cugini britannici che ognuno provveda al suo jihadista. Terroristi senza più patria prova a sostenere il segretario alla difesa britannico.
Kotey, 34 anni, e Elsheikh, 29 anni, furono privati della cittadinanza dopo essersi uniti a Isis. «Non sono soggetti britannici e dovrebbero pagare il prezzo dei loro crimini in Siria». Una comoda condanna a morte ma da parte di chi? Ne discutono a Roma della difesa della coalizione a guida Usa. Ma senza dirlo così chiaramente, ne discuto a Roma i ministri della difesa della coalizione a guida Usa, le comparse rispetto ai protagonisti russi in quella guerra.

Troppi ‘foreign fighters’ prigionieri

La questione di cosa fare col “numero enorme” di prigionieri detenuti dalle forze curde sostenute dagli Stati Uniti in Siria. Il capo di una milizia siriana-curda che tiene i combattenti, provenienti dalla Russia, dall’Europa, dalla Cina, dal Giappone e dai paesi arabi, ha detto ieri che nessuno dei loro paesi d’origine li ha voluti indietro. La posizione degli Stati Uniti ha sollevato l’incertezza su ciò che dovrebbe accadere a Kotey ed Elsheikh. Il loro gruppo è sospettato di tortura e di aver decapitato più di 27 ostaggi, inclusi britannici e americani. Mai impuniti, ma puniti da chi?
Una fonte di Whitehall si lascia scappare il dubbio su “come uscire da questo casino”, «to get out of this mess».

 

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