Depleted uranium, uranio impoverito. Proiettili resi più micidiali da una piccola parte di scarto delle lavorazioni nucleari. Riciclo di materiale costoso da conservare e un proiettile o missile la cui testata con quel poco uranio dei poveri, ‘fonde’ l’acciaio contro sui è puntata senza doverlo frantumare. Potenza moltiplicata, e ‘la cacca che diventa oro’.
Peccato che quanto quell’uranio poco radioattivo raggiunge temperature folli dell’esplosione, tremila gradi, si trasforma in ossido di uranio e dintorni, polveri, sostanze pericolose per l’uomo che si spargono attorno al luogo dell’esplosione contaminando terreno, acque, animali, persone.
Se poi ti mandano in giro a fare il militare in zone di guerra dove sono stati usati quei proiettili, senza adeguate istruzioni e protezioni -o peggio, sei un civile inconsapevole che campa lì attorno- beh, allora hai molte probabilità di morire di cancro. È accaduto, dicono fonti sanitarie, a 6mila militari italiani, e non siamo l’esercito americano sparso per il mondo.
«Sconvolgenti criticità» scoperte nel settore della sicurezza e della salute sul lavoro dei militari «in Italia e nelle missioni all’estero, che hanno contribuito a seminare morti e malattie»: è la relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito. Sotto accusa il «negazionismo» dei vertici militari e gli «assordanti silenzi generalmente mantenuti dalle Autorità di Governo».
Una svolta che dà ragione a chi, ha iniziato in solitudine e spesso clandestinamente questa battaglia 20 anni fa, denunciando la Sindrome del Golfo che già mieteva vittime tra i militari Usa. Che poi, per noi italiani fu la ‘sindrome Kosovo’.
Violenta reazione dello Stato maggiore della Difesa: «Conclusioni inaccettabili, le Forze Armate mai hanno acquistato o impiegato munizionamento all’uranio impoverito…».
Certamente vero se degli ufficiali al servizio dello Stato lo sostengono, ma che vuol dire, sei poi i nostri militari operano dove quei proiettili sono stati usati da altri, vedi Bosnia e Kosovo e chi sa quanti altri posti ancora? E i poligoni, nessuna altra forza armata amica, alleata, usa i nostri poligoni in qualche occasione con suoi proiettili?
Campagna elettorale, e la questione decennale che tocca la vita di migliaia di persone, diventa occasione di strumentalizzazioni di parte. E furberie.
Noi stiamo ai fatti, alle migliaia di militari colpiti (solo in Marina 1.101 tra morti e malati), 340 morti e già 76 sentenze di risarcimento. E la commissione ammonisce sulle «missioni all’estero», compresa quella in Niger che si annuncia.
Se si considerano come vittime i militari delle missioni e dei poligoni e il personale civile delle basi, quello che scompare -sottolinea Francesco Di Tommaso su Il Manifesto– è infatti il destino delle popolazioni civili colpite dai bombardamenti all’Uranio impoverito in Iraq, Somalia, Afghanistan, ex Jugoslavia (Bosnia e Kosovo), ecc… «Quali centri di verifica medica e quali risarcimenti per queste vittime e queste aree devastate dalle nostre guerre ‘umanitarie’?».
Ad oltre un decennio dai bombardamenti Nato contro la Jugoslavia con l’uso di proiettili all’uranio impoverito, i tumori in Serbia, Kosovo e paesi vicini si moltiplicano
Un argomento che si continua a tenere nascosto, ovvero quello delle conseguenze dei proiettili ad uranio impoverito sganciati dalla Nato sulla Serbia, continua ad imporsi all’attenzione di tutti attraverso un argomento indiscutibile, quello del numero dei morti. Secondo la Società dei medici serbi dal 1999, anno della campagna di bombardamenti, il numero dei tumori continua a crescere non soltanto in Serbia ma in molte zone dei Balcani. “Esistono falsi esperti i quali continuano a sostenere che l’epidemia di tumori maligni nell’ultimo decennio non ha nulla a che vedere con le oltre 15 tonnellate di uranio impoverito disseminate nel nostro Paese in 78 giorni di bombardamenti soprattutto in Kosovo e nella regione di Pcjnj – dice alla “Tanjug” Slobodan Cikaric, presidente dell’associazione – ma oltre che dal nostro Paese continuano a giungere rapporti da Grecia e Bulgaria che parlano di un incremento di oltre 30 volte dei casi di neoplasie e lo collegano all’evidente innalzamento della radioattività in molte aree della penisola balcanica”.
Le particelle rilasciate dalle bombe all’uranio impoverito, continua il professor Cikaric dopo essersi diffuse nell’aria e dopo essere penetrate nel terreno sono entrate a far parte della catena alimentare ed oramai causano una serie di linfomi ch si sono manifestati in un arco di tempo dai cinque ai dieci anni, e nell’arco oltre i dieci provocheranno un incremento dei cosiddetti “tumori solidi”. “Il periodo di latenza si è concluso nel 2008 – continua il medico – fino ad allora la crescita delle manifestazioni tumorali era stata del due per cento circa, poi anno per anno ha cominciato a crescere prima dei sei, poi del dieci per cento, e continuerà a farlo nei tempi a venire. Il disastro giapponese di Fukusima è nulla paragonato a quanto sta accadendo nelle nostre regioni, e se consideriamo il fatto che ai pescatori di quell’area è stato riconosciuto un risarcimento di due milioni di dollari soltanto per l’effetto che la fuga radioattiva avrebbe potuto avere sul mare, sarebbe interessante chiedersi quanti miliardi di dollari potrebbero mai chiedere la Serbia ed i Paesi vicini”.