Se uno squilibrato affascinato dalla propaganda dell’Isis spara contro un gruppo di ragazzi in un bar, per liberare il mondo dagli infedeli, capiamo facilmente che la colpa è sua e nel contempo di chi ha armato moralmente la sua mano teorizzando la guerra agli infedeli. Tanto che i mandanti e gli ideologi vengono perseguitati al pari dei killer.
Se lo squilibrato è bianco, razzista e fascio, e spara su persone innocenti animato dai discorsi d’odio ormai sdoganati al punto da essere accettati da media e politica, per coerenza occorre seguire lo stesso percorso. Il mandante morale va perseguito così come lo sparatore.
Lo sparatore è un terrorista e il mandante o i mandanti sono seminatori di odio e di terrore, quindi senza fare troppi distinguo, sono terroristi anche loro. Sono terroristi quelli che ululano in tv a ogni pié sospinto che va fatta pulizia nei quartieri, che esaltano ogni tipo di razzismo e fascismo con sorrisi e pacche sulle spalle di un sistema ebete.
Scrive, condivisibile, Cecilia Sarti Strada: «Posto che il mondo continuerà ad essere abitato anche da persone squilibrate, il correttivo urgente – oltre a evitare di candidarli alle elezioni, possibilmente, se sei un partito – è guardare lo spazio del discorso pubblico e politico in cui quei colpi sono stati sparati. E fare pulizia, proprio quello: non quartiere per quartiere ma partito per partito, trasmissione per trasmissione, una pulizia del discorso. Perché ci sono discorsi, quelli di odio, che non sono discorsi come gli altri. E non dovrebbero trovare ossigeno. Non dovrebbero imbruttirci la vita ogni giorno».
«E non dovrebbero avere la possibilità di parlare a un balordo con la pistola. I discorsi di odio che dobbiamo iniziare a chiamare col loro nome, poi buttarli fuori dalla politica. E dai media, amici giornalisti, per favore: un discorso d’odio contro gli stranieri deve ricevere lo stesso trattamento che avrebbe chi in prima serata proponesse di legalizzare la pedofilia, o il diritto di mangiarsi un vicino di casa se sei rimasto col frigo vuoto. Non gli daremmo un microfono, tanto meno il voto, ma il numero di uno psicologo esperto. E non sarebbe censura, ma ecologia. Urgente, secondo me».
Dipende da come la pensano i padroni dell’informazione, però…