
Che sia un protagonista non c’è dubbio, al potere dal 2000, ha prima rivitalizzato l’ansimante democrazia parlamentare turca per poi soffocarla nel presidenzialismo, sostenuto da una rivitalizzato nazionalismo turco che non guarda molto alla democrazia di modello occidentale.
Recep Tayyp Erdogan protagonista della scena internazionale capace di cambiare in corso d’opera alleanze, strategie politiche e militari.
Ha cavalcato il sogno europeo della Turchia per giustificare riforme necessarie ma impopolari e ora guarda all’oriente ex ottomano in stretta amicizia con Putin. Alla guida di un Paese Nato stringe un’alleanza di ferro con la Russia, e lui, sunnita, si allea con l’Iran sciita sul fronte siro-iracheno. Con l’Europa si fa garante, a suo di miliardi di euro, delle frontiere esterne.
Freddo come una biscia,
nel ricordo di una vecchia intervista fatta nel 2006 sulla uccisione di Don Andrea Santoro in una chiesa di Trabzon. Il nazionalismo che perde la Trebisonda, ma non il vizio. Domenica a Roma per l’incontro con Sergio Mattarella e Paolo Gentiloni, e in Vaticano per incontrare papa Francesco.
‘Può non piacere -osservano molti analisti- Erdogan è un protagonista con cui dover fare i conti, anche se gli interessi sono spesso dispari.
Un disegno ‘neo-ottomano’ di potenza che va ben oltre la ‘fascia di sicurezza’ ai confini turco-siriani. Erdogan non vuole il Rojava indipendente, il pezzo della Siria che incoraggerebbe l’etnia curda alla rivolta. Il Partito Democratico Curdo di Siria alleato del Partito curdo dei Lavoratori, il PKK, che da anni lotta per l’indipendenza della regione curda di Turchia. E i raid aerei e dell’artiglieria turca nell’ énclave curda di Afrin, rischia di essere solo l’inizio di una vera guerra sul campo, ‘la seconda guerra di Siria’. In ballo, alleanze internazionali stravolte e confuse.
Scontro formale con la coalizione a guida americana della Syrian Democratic Forces. Ma è bluff americano. Tacito assenso da parte dell’amministrazione Trump che ha abbandonato i Curdi al loro destino, bis del tradimento degli anni Novanta in Iraq, dopo la prima Guerra del Golfo. E Mattis, Segretario alla Difesa che parla del diritto dei turchi all’auto difesa. «Ma l’obiettivo di Erdogan -scrive Umberto De Giovannangeli sull’UffPost- va oltre la resa dei conti finale con i curdi in Siraq: essere al tavolo, e in prima fila, di una “Yalta mediorientale”: uno dei “dominus”, assieme a Putin, Trump, Macron».
L’America garante degli interessi dei due suoi più fedeli alleati nella regione, Israele e Arabia Saudita, ma che non intende mostrare i muscoli in Medio Oriente. Ed il Paese col secondo esercito della Nato dopo quello Usa comprare sistemi missilistici dalla Russia, stringere un patto con l’Iran – ‘Stato del terrore’ nella dottrina Trump-, e garantire protezione al governo sciita di Baghdad contro i neo-ottomani, partendo proprio dalla Siria, e dal ‘patto di Sochi’ stretto con Putin.
La Francia nella crisi tra Ankara, Berlino e Washington. Esempio: visita del capo dello Stato turco a Parigi e l’accordo per un sistema di difesa aerea del consorzio franco-italiano Eurosam. Ovviamente Parigi avverte che la Siria non si tocca, e prova strappare un barlume di democrazia e libertà di stampa in Turchia.
Ma le ‘interferenze politiche interne’ sono soprattutto turche nei confronti dell’Europa. Le comunità turche, massa elettorale. Germania, 1,43 milioni i turchi registrati nelle liste elettorali; Francia (326.378); Olanda ( 252.864); Belgio (108.565); Svizzera (95.266); Austria (108.565). Il rapporto con le comunità all’estero è parte tecnica politica abituale del partito islamonazionalista, l’Akp, di Erdogan. Sul piano quantitativo, i turchi rappresentano la seconda comunità in Germania, Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Bulgaria.
“I turchi all’estero dovrebbero restare turchi a prescindere dalla loro cittadinanza”, ha proclamato Erdogan, arrivando a definire l’assimilazione un “crimine contro l’umanità” e sollecitando la creazione di licei turchi in Germania.
«Quello in atto nei confronti dei curdi di Afrin non è solo un attacco ingiustificato, è un vero e proprio genocidio». La denuncia di Asiya Abdulla, eroina di Kobane. «Dopo il genocidio degli armeni, un secolo dopo quegli orrori, la Turchia sta compiendo nel Kurdistan siriano crimini contro l’umanità nel silenzio colpevole della comunità internazionale».
L’esponente curda con Antonella Napoli, Huffington Post, chiede all’Unione europea una posizione netta contro l’operazione militare in Siria. Un attacco quello su Afrin che colpisce soprattutto i civili, oltre 100 vittime in soli tre giorni, che ha danneggiato l’unica diga nella provincia del distretto del Kurdistan siriano e demolisce abitazioni, luoghi di culto e ospedali.