Trump e Kim matti come sembrano?

Pongo, a me stesso e agli altri, due quesiti di grande attualità. Il primo è: davvero Donald Trump è soltanto un idiota, come ci dice Michael Wolff nel suo – sospetto – best seller “Fire and fury”, che verrà sicuramente tradotto in italiano in tempi brevi? Secondo quesito: che fine ha fatto la retorica militarista di Kim Jong-un, il giovane leader nordcoreano che, a parole, vuole distruggere gli Stati Uniti d’America con un diluvio di missili nucleari?
Le due domande non sono affatto slegate come potrebbe apparire a prima vista. Innanzitutto i due sono accusati, entrambi, di essere pazzi pericolosi, dei quali sarebbe opportuno disfarsi quanto prima per evitare che combinino guai irreparabili. In secondo luogo, tanto il presidente americano quanto il dittatore di Pyongyang usano strategie comunicative assai inusuali, infischiandosene allegramente dei tradizionali canali diplomatici e preferendo ricorrere a messaggi di immediata fruizione e, spesso, causa di reazioni ansiose negli establishment governativi del mondo intero.

Eppure vi sono segnali atti a dimostrare che i due “cattivi” di cui sopra non sono affatto giunti a fine corsa. E’ un dato di fatto, per esempio, che la strategia economica di Trump sta funzionando. Wall Street ha reagito molto positivamente alle sue misure dando vita a un boom inatteso, il quale ha a sua volta favorito la crescita di tutte le altre Borse. Alla faccia di coloro che avevano invece profetizzato sventure a non finire.
Non solo. L’indice di popolarità del tycoon non va poi così male se paragonato a quello dei predecessori, né pare che i suoi elettori l’abbiano abbandonato nonostante il voltafaccia di Steve Bannon. Al contrario, molti sottolineano la sua coerenza e il fatto che, a differenza di altri presidenti, mantiene le promesse. Si pensi per esempio al progetto del celebre e controverso muro al confine messicano, che Trump è più che mai intenzionato a far costruire.

Venendo ora al secondo quesito, occorre tener conto che di Trump e degli Usa conosciamo quasi tutto. Di Kim e della Corea del Nord sappiamo invece ben poco. Ma, anche in questo caso, è opportuno chiedersi perché l’economia di Pyongyang, invece di crollare come molti speravano, manifesti al contrario segnali di crescita che in Occidente stentano a essere creduti.
Giunge notizia, per esempio, di progetti volti a creare un polo di attrazione per i turisti occidentali, americani inclusi. Lungi dal voler distruggere gli Usa, insomma, Kim pare intenzionato ad aprire alle visite (ovviamente controllate) degli stranieri, offrendo loro l’opportunità di vedere un Paese che è bello sia dal punto di vista naturalistico che da quello storico-artistico. E a ciò si possono aggiungere le proposte distensive nei confronti di Seul.

E pure nei rapporti “a distanza” tra i due leader si notano tratti sorprendenti. Tra una minaccia e l’altra, tra un insulto e un’offesa, il tycoon ha a più riprese detto che considera Kim un “ragazzo sveglio”. Quest’ultimo non ha finora reciprocato, ma tra le righe si legge che in fondo preferisce l’approccio trumpiano a quello della coppia Obama-Clinton.
Dunque i due sembrano, tutto sommato, meno folli di quanto “New York Times” e “Washington Post” vogliono farci credere. Certo, hanno linguaggio e strategia assai diversi rispetto alla tradizione, e ciò impedisce di inquadrarli con facilità. Tuttavia una fine imminente è difficilmente pronosticabile in un caso e nell’altro.

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