
Un fallimento che apre molti interrogativi. Lo sciopero proclamato in Iran dai rivoltosi si è rivelato una bolla di sapone e le ripercussioni si vedranno nei prossimi giorni, quando, probabilmente, sotto il peso di cotanta dimostrazione d’impotenza, tutti gli oppositori che ancora non erano usciti allo scoperto, si squaglieranno. Punto. E a capo. Il primo pensierino che torna alla mente è che, sull’Iran, Barack Obama aveva ragione su tutta la linea. Abbiamo scritto che forse fu proprio in base a questo “undicesimo comandamento” (“ogni rivoluzione fallita provoca una restaurazione ancora più forte”) che Obama, nel 2013, alle Nazioni Unite, proclamò solennemente il principio della non interferenza Usa negli affari interni di Teheran. E il fatto che ieri su “Twitter” Trump abbia definito “sciocca” la strategia del suo predecessore, vi dà l’idea di quale inaffidabile personaggio sia attualmente sulla poltrona dello Studio Ovale.
Certo, a volere essere maliziosi, paradossalmente, il buco nell’acqua fatto dalle opposizioni iraniane (ma quali?) testimonia che forse proprio la Cia c’entra in tutto questo bailamme. Dalla Baia dei Porci cubana fino all’ultima Guerra del Golfo, le barbefinte americane non ne hanno azzeccata una che sia una. E il Mossad? Il “think-tank” israeliano più autorevole (Debka), si è subito affrettato a scrivere che “lo sciopero è fallito per mancanza di leader”. Cosa sicuramente vera, ma che dimostra come probabilmente gli 007 di Gerusalemme c’entrino poco e niente nel terremoto di Casamicciola che sembrava sul punto di dilagare da Mashaad. Loro difficilmente falliscono o regalano patacche come i colleghi americani. Anzi, hanno fatto sapere, per vie molto traverse, che la protesta sta morendo di “morte naturale” e che dai supermarket alle bancarelle nessuno si è sognato di scioperare.
Ergo: il potente Partito del Bazar, che raccoglie alcuni fra i più eminenti rappresentanti della società civile (gli altri sono gli studenti e i professori universitari) se n’è stato buono, a guardare gli eventi, evitando di bagnarsi e di doversi asciugare. I numeri? Secondo gli analisti israeliani le manifestazioni sono calate di almeno un terzo e il numero dei partecipanti si è praticamente dimezzato. Alcuni “strategist” pensano che i potenziali rivoltosi abbiano fatto le quaglie, evitando di “alzarsi in volo” dopo le minacce di sguincio della Guida suprema, l’ayatollah Khamenei, il quale aveva parlato delle trame orchestrate “da potenze straniere”. A molti, così, è venuto naturale fare una semplice equazione. Intelligenza col nemico più alto tradimento e, per gradire, oltraggio ad Allah, uguale impiccagione assicurata. E siccome anche gli iraniani tengono famiglia, fatti quattro conti, in molti hanno deciso di lasciare Trump da solo a predicare “l’armiamoci e partite”.
Insomma, libertà e diritti umani sono sacri, ma anche la pellaccia ha la sua importanza. Tra le altre cose, è stato chiarito che attaccare edifici governativi comporta di sicuro un bel cappio al collo. I servizi segreti occidentali hanno poi chiarito che la strategia del “muro di gomma” degli ayatollah ha funzionato. A parte i morti fatti in alcune situazioni, nelle quali il bandolo della matassa era scappato di mano, le direttive sono state di evitare repressioni indiscriminate. Insomma, pugno di ferro e guanti di velluto (un po’ ruvido, per la verità, visti i morti già fatti). Con l’avvertenza di non impedire preventivamente le manifestazioni, ma di contrastarle, ricorrendo alla massiccia presenza di miliziani in abiti civili, vera quinta colonna del regime. Inutile sottolineare che i miliziani mascherati da normali cittadini, sostenitori del governo, erano più numerosi dei ribelli.
Anche mediaticamente l’Amministrazione capeggiata da Hassan Rohuani si è mossa saggiamente, cercando di limitare i danni. Il portavoce del governo, Mohammad Baqer Nobakt, ha ribadito che i suoi compatrioti “hanno tutto il diritto di protestare”, mentre il Ministro degli Esteri, Javad Zarif, ha mandato a dire a Trump che la sicurezza e la stabilità del Paese “dipendono esclusivamente dai soli iraniani”. In cauda venenum, proprio il portavoce di Zarif, Bahram Qassemi, rispondendo ai commenti definiti “sgradevoli” del Presidente Usa, gli ha consigliato di preoccuparsi delle migliaia di morti ammazzati a pistolettate per le strade delle città americane e di pensare di più agli “squatters”, agli sfrattati, alle bidonville e a quanti crepano di fame negli States.