
All’indomani della rivoluzione d’ottobre il maggiore problema per i bolscevichi russi era rappresentato dalla guerra ancora in corso con la Germania e l’Austria. Poiché invece la pace immediata era uno dei punti fondamentali del programma rivoluzionario, prima di ottenerla era necessario negoziare almeno un armistizio con il nemico e per questo, nel dicembre 1917, una delegazione russa si presentò al comando tedesco del fronte orientale. Ad accoglierli fu il principe Leopoldo di Baviera, non un semplice aristocratico prussiano o un alto ufficiale qualsiasi, ma addirittura il membro di una delle case regnanti tedesche che rivestiva il grado di feldmaresciallo imperiale e comandava nove armate schierate dal Baltico al mar Nero. Come è facile immaginare la differenza con la delegazione russa apparve subito evidente e si trattava veramente di due mondi opposti a confronto.
In questa situazione molto particolare che si collocava tra la guerra e la diplomazia – ambiti da secoli soggetti a un rigido monopolio maschile – fece la sua prima comparsa ufficiale una delegata donna: Anastasia Alexievna Bizenko, da poco liberata dalla Siberia dove era stata reclusa per l’assassinio del generale zarista Sacharov nel 1905, era stata scelta perché parlava correntemente inglese, tedesco e francese. Accolta con molta curiosità assieme al resto della delegazione e descritta come ‘spigliata’ e gradevole nel diari del principe Leopoldo, ebbe modo in seguito di gettare la delegazione tedesca in un costernato imbarazzo quando a tavola mimò i gesti con cui aveva sparato al generale dodici anni prima. Il resto della delegazione russa – a parte l’abbigliamento definito dai tedeschi ‘poco consono’ – fu forse meno osservato, anche se tra i componenti c’erano personalità come Trotsky e Kamenev.
Al di la delle annotazioni fatte dal principe di Baviera, un po’ tra il carattere mondano e quello politico, il momento era comunque drammatico per ambedue i paesi. La Russia era in ginocchio, senza una guida e in preda alla fame, ma soprattutto era necessaria una forte legittimazione popolare alla svolta rivoluzionaria che non sarebbe potuta arrivare che dalla pace immediata. La Germania, affamata come la Russia, nonostante la sua relativa posizione di forza in quelle trattative, aveva invece bisogno di concluderle in fretta per riversare sul fronte occidentale tutta la potenza militare che le era rimasta. La delicatezza di quella fase e le enormi difficoltà dovute principalmente alle richieste tedesche ne provocarono il fallimento e i delegati bolscevichi abbandonarono i colloqui nel gennaio successivo.
Quelli che erano stati definiti dai tedeschi ‘agitatori’, ‘marinai di basso livello’ o nichilisti, non se la sentirono di accettare le condizioni di un armistizio che avrebbero sottratto alla Russia parti importanti territorio come la Finlandia, i Paesi baltici, la Polonia e l’Ucraina e trovarono sostegno in Trotsky e Bucharin. Al contrario solo Lenin rimase convinto di una pace a qualunque costo pur di mantenere la promessa fatta. Alla fine di gennaio del 1918 i russi decisero di smobilitare l’esercito provocando l’occupazione tedesca dei territori minacciati. Austriaci e tedeschi arrivarono allora fino in Crimea e la Russia fu costretta a riprendere le trattative armistiziali che si conclusero nel marzo del 1918 con la firma del trattato di Brest Litowsk. Da due secoli, da quando Pietro il Grande aveva sconfitto gli svedesi a Poltava, mai la Russia aveva subito una simile sconfitta e tra i primi ad esprimere la più profonda amarezza per quel risultato ci furono proprio quei bolscevichi ricevuti tre mesi prima dal principe Leopoldo.