
Lo schierato think tank statunitense ‘Atlantic Council’ da prendere decisamente con le molle. “Balkans Forward. A new US strategy for the region”, una nuova strategia Usa per i Balcani letta da Luca Susic su Analisi Difesa.
Subito, i buoni e i cattivi: “Mentre gli Stati Uniti e l’Europa sono concentrati sui propri problemi interni, la Russia e altri paesi stanno ridisegnando il paesaggio geopolitico della regione”.
Presupposto di partenza dunque, Mosca che tenta di far precipitare la regione verso uno stato di caos indebolendo così sia Bruxelles che Washington. Gran finale, le possibili soluzioni per contrastare questa “influenza maligna”.
Scopo finale della politica statunitense verso i Balcani, l’integrazione euroatlantica dell’area, prima NATO e poi UE,la spinta necessaria ai governi locali per le riforme interne e abbandonare le tradizionali divisioni. Ma non sta funzionando così, e lo vedono tutti. Colpe sia di Bruxelles che di Washington per come si relazionano con gli ex jugoslavi, ma soprattutto per l’influenza di Mosca.
Sarà il leit motiv dello ‘studio’. Mosca viene apertamente accusata del presunto tentativo di golpe in Montenegro, la Brexit e il referendum olandese sull’Ucraina, nonché le dichiarazioni di Trump sulla politica estera statunitense. Su questi ultimi aspetti le colpe russe non sono citate.
Ma per colpa dei Mosca,“i Balcani occidentali sono diventati un posto molto più pericoloso”.
SERBIA. Grande attenzione all’ascesa al potere di Aleksandar Vucic e alla promessa di avvicinarsi alla UE e trovare una soluzione sulla questione kosovara. Ma il presidente serbo viene criticato per aver cercato il supporto della Russia, vista come un possibile appoggio nel caso in cui il progetto europeo dovesse continuare ad affondare.
BOSNIA. Sempre Mosca, colpevole per gli stretti rapporti con Milorad Dodik, presidente della Srpska Republica, ), leader che avrebbe “speso un decennio a cercare di distruggere le fragili strutture della Bosnia”. Nella crisi del Paese viene riconosciuta una certa responsabilità alla comunità croata di Bosnia e a quella musulmana.
KOSOVO. Sul Kosovo il Cremlino è accusato di ‘fake news’ per aizzare i serbi contro gli albanesi. Stupisce l’ammissione che anche in Kosovo il nazionalismo spinto rappresenti una preoccupazione, nonostante Pristina venga considerata un alleato di ferro degli USA
MONTENEGRO e MACEDONIA, peggio. Il tentato golpe anti Nato in Montenegro. Per la Macedonia, elogiato il nuovo Primo Ministro Zoran Zaev, capace di spodestare l’ex premier Gruevski, considerato troppo vicino alla Russia
Tra gli obiettivi 1ndicati
1) Distrazione: confusione nell’area balcanica per spostare l’attenzione dalle zone di maggiore interesse (come l’Ucraina) ai Balcani,
2) Minaccia: destabilizzare l’ex-Jugoslavia, con esplicito riferimento ad una nuova guerra civile, come minaccia diretta all’Europa;
3) Precedente: mettere in discussione i confini post-Dayton per modificare anche quelli della Crimea, del Donbass e delle Repubbliche Baltiche.
L’idea che Mosca rappresenti ormai un chiaro nemico non solo dell’Occidente, ma anche delle stesse popolazioni destinate ad essere vittime della Sua politica estera.
Interessante l’accenno sulle ragioni che hanno portato le diverse etnie a combattersi nel corso dei secoli, su cui si potrebbero trovare punti di intesa. Stati ‘disfunzionali’, corrotti e frutto di scarsa esperienza nell’autogoverno. L’affermazione costante, di uomini forti, attorno ai quali si concentra l’intero potere istituzionale. Interessanti i nomi citati:
Milo Đukanović (Montenegro), Hashim Thaçi (Kosovo) e Milorad Dodik (Rep. Sprska), ma anche di Aleksandar Vučić (Serbia), Dragan Ćović (Croati di Bosnia) e Bakir Izetbegović (comunità bosgnacca).
Peccato che alcuni di questi ‘big men’ -come li chiama Susic- sono tutt’ora partner fondamentali per Washington e Bruxelles. Ed ecco che i Balcani tornano il “ventre molle dell’Europa”, con al suo centro la Bosnia Erzegovina. A cui vengono affiancati anche la cosiddetta “rotta balcanica” dell’immigrazione e una breve descrizione del fenomeno dell’estremismo islamico.
1) Una presenza militare permanente nell’Europa sud-orientale, partendo chiaramente dalla base di Bondsteel, in Kosovo, già in grado di ospitare un contingente di 7000 uomini. Fine della missione KFOR, e un crescente impegno militare statunitense nell’area. Applausi kosovari e Serbia costretta anche questa volta a ingoiare. Gli Usa soli garanti dello Status Quo, attuali confini e potentati.
2) Serbia. Convincere Vučić ad annacquare i legami con Mosca e i media locali a dare “un’adeguata copertura mediatica” a quelli che sarebbero i risultati positivi di un avvicinamento agli USA. E non va dimenticato che una buona fetta dei media locali sono di proprietà straniera, soprattutto tedesca, americana e turca. Riguadagnare la reputazione statunitense, ossia sfruttare le debolezze europee per guadagnare terreno.
3) Sicurezza prosperità. Frase lapidaria: “Dovrebbe essere reso chiaro ai Russi che stanno solo perdendo tempo e denaro cercando di spargere caos nella regione”.
Una chiara ostilità nei confronti del Cremlino degli ‘studiosi’ più che una reale paura delle popolazioni locali per quanto sia in grado di fare Mosca. Oltre a sospetti silenzi. Sottovalutazione del pericolo dell’estremismo islamico lungo l’asse Bosnia-Sangiaccato-Kosovo-Albania. Omissis che Susic inserisce nella convenienza a sottostimare il ruolo di alcuni stati musulmani per ragioni economiche e politiche. I petrodollari non puzzano ma l’Atlantic Coincil, a questo punto, sì.
Con altre evidenti vicinanze all’America First trumpiana. Linee guida Usa per sostituire Bruxelles. Campanello d’allarme per i paesi che hanno forti interessi nell’area, Italia tra questi.
Maggior timori infine, l’insistere ad interpretare la sfida balcanica nello scontro fra Est e Ovest, -visione forse sciocca forse maliziosa- distraendo l’attenzione sui ‘competitors balcanici più attivi, come Turchia, monarchie del Golfo e Cina.