
Come era facile prevedere, sono Putin e la Russia a guadagnare spazio politico e consensi dalla mossa apertamente filo israeliana di Trump, e dall’isolamento crescente Usa sul fronte arabo e islamico in Medio Oriente.
In mattinata, visita a sorpresa del presidente russo in Siria. Putin ha incontrato Bashar al-Assad nella base militare russa di Khmeimim per l’inizio del ritiro delle truppe russe. La base, in provincia di Lattakia, è stata decisiva per l’appoggio aereo alle truppe governative e alle milizie sciite alleate. In Siria ci ora circa 8000 militari, fra avieri, truppe speciali e marines.
Subito dopo il blitz in Siria Putin è arrivato al Cairo per incontrare il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, il re di Giordania e Abu Mazen. Vertice sulla forzatura americana su Gerusalemme capitale decisa da Trump. In serata è previsto il suo arrivo ad Ankara in Turchia dove vedrà Recep Tayyip Erdogan.
Ad accogliere Vladimir Putin nella base russa di Khmeimim, il presidente Bashar al-Assad e il generale russo Serghei Shoigu. Putin aveva visto Assad a Sochi, sul Mar Nero, lo scorso 21 novembre, quando aveva annunciato che “la lotta al terrorismo era vicino alla fine”. Il presidente russo, arrivato in mattinata, ha dato l’ordine ufficiale di iniziare il ritiro del gruppo aereo di truppe russe. Con messaggio chiaro a chi ascoltava da lontano. «Se i terroristi rialzeranno la testa, condurremo contro di loro dei raid tali come non ne hanno mai visti. Non dimenticheremo mai le perdite patite nella lotta al terrorismo qui in Siria e in Russia».
La base di Khmeimim, armata di sistemi antimissile s-400, è stata creata nel settembre 2015 dalla difesa russa per sostenere le truppe governative contro l’organizzazione terroristica dello Stato Islamico. La base resterà un presidio sul Mediterraneo per Mosca, oltre alla base Navale di Tartus.
Significativa la presenza russa, ovviamente richiesta dai padroni di casa, nel difficile passaggio in cui i Paesi arabi stanno cercando una posizione comune per rispondere alla decisione di Trump. Ovviamente si trattano anche affari di casa (la centrale atomica di fabbricazione russa in Egitto), e il sostegno condiviso con l’Egitto alla vicina Libia, parte Haftar. Ma la crisi oggi è Gerusalemme. E la Russia -utile ricordare- ha riconosciuto Gerusalemme Ovest come capitale di Israele, ma a patto che Gerusalemme Est diventi quella del futuro, possibile Stato palestinese.
Una scelta che potrebbe diventare una base di compromesso fra i Paesi arabi meno critici con Trump, a partire dall’Arabia Saudita, e quelli che vorrebbero iniziative molto forti per contrastare la politica della Casa Bianca. Il parlamento della Giordania, un Paese sul fronte moderato ma in difficoltà per la mossa Usa, ha votato una mozione per “rivedere” il trattato di pace con Israele, siglato dopo gli accordi di Oslo.