Via Mugabe, arriva il ‘Coccodrillo’, prossimo Mugabe

«Io, Robert Gabriel Mugabe, in base al paragrafo 96 della Costituzione, rassegno formalmente e con effetto immediato le mie dimissioni».

Seguono scene di giubilo incontrollato che dai banchi del parlamento di Harare si trasferiscono subito nelle strade della capitale.
Lo Zimbabwe dopo il golpe della notte tra il 14 e il 15 novembre. Uno dei golpe militari più strani della storia, con i generali che anche dopo aver messo l’anziano leader ai domiciliari continuavano a trattarlo come il padre della patria che in fondo è stato.
Eroe delle due guerre, quella d’indipendenza e quella di liberazione culminata con la nascita dello Zimbabwe, Mugabe si è trasformato negli anni in un autocrate iracondo ed egocentrico. Dittatore sulla cosiddetta via africana al socialismo.
Mogabe ha governato con il pugno di ferro senza rispetto dei diritti dell’uomo ma non è stato peggiore del suo predecessore Ian Smith, ultimo baluardo della minoranza bianca nella Rhodesia razzista.
C’è da sperare che risulti peggiore di chi verrà dopo. Il «coccodrillo» Mnangagwa, gradito agli investitori cinesi e forse anche alla Gran Bretagna, che già ieri auspicava un possibile ritorno del paese nel Commonwealth.

«The next Mugabe»

In nuovo Mugabe, titola con ironia The Times, nel narrarci di Emmerson Mnangagwa, il successore del quasi centenario Mugabe , messo a riposo suo malgrado. Con un ritratto di partenza in mezza riga che è tutto un programma. «Zimbabwe’s brutal enforcer. The most feared man in the country».
‘Brutale esecutore e l’uomo più temuto’. Da morire di allegria, ad essere ‘zimbabwani’.
Gli spunti sul neo presidente africano che a noi interessano, vengono da una rara intervista con l’inquietante personaggio pubblicata su The Times da Martin Fletcher, stesso cognome della ‘Signora in giallo’, e stesso amore per il rischio.

Spunti che descrivono cose attende quell’importante Paese dell’Africa australe.
‘Sto per intervistare il vicepresidente dello Zimbabwe – il brutale capo del governo di Robert Mugabe negli ultimi 36 anni e l’uomo più temuto del paese’.
‘Non lo chiamano “il coccodrillo” per niente’.
‘Non dice mai una parola, ma improvvisamente morde’.

Emmerson Mnangagwa, successore di Mugabe

Scuola di dittatura

Mnangagwa aggiogato a Mugabe dai primi anni ’60, insegnate che persuase l’adolescente a unirsi alla guerra contro il governo dei bianchi.
Si forma come guerrigliero in Egitto e in Cina.
Arrestato per aver fatto esplodere una locomotiva alle Cascate Vittoria, sfugge all’esecuzione perché aveva meno di 21 anni.
Dieci anni di prigione, tre dei quali in isolamento, pestato, torturato.
Poi diventa avvocato in Zambia e ministro della sicurezza nel primo governo Mugabe. Dove dà il peggio di se da ministro permanente.

Sospettato di aver orchestrato il massacro a Gukurahundi di 20.000 civili Ndebele, primi anni ’80. Un rapporto Onu lo ha accusato di aver saccheggiato diamanti dalla Repubblica Democratica del Congo quando le truppe dello Zimbabwe sono intervenute nella guerra civile negli anni ’90.
Ha sostenuto il sequestro violento di fattorie di proprietà dei bianchi all’inizio anni 2000 e abbia ideato il furto selvaggio di Mugabe delle presidenziali 2008, durante le quali centinaia di sostenitori dell’opposizione sono stati uccisi.
Oggi si dice che Mnangagwa controlli il lucroso commercio dell’oro nella sua regione natale, le Midlands, dove è conosciuto come “il padrino”.

Finale senza alternative, salvo colpo di Stato nel colpo di Stato, senza sapere bene dove stia lo Stato. La partita di potere dentro al partito che ha liquidato il padre padrone dopo 37 anni di potere e che ora incorona ‘Il Coccodrillo’. Una violenta battaglia per succedere a Mugabe in corso da mesi.
La fazione “Lacoste” di Mnagagwa, che prende il nome dall’emblema del coccodrillo ben noto.
E la fazione G40 (Generazione 40), allineata con la moglie ambiziosa e avida di Mugabe, Grace.
La ‘Signora Mugabe’, attualmente rifugiata in Namibia, il cui eventuale ritorno -la rivalsa dei G40-
vorrebbe dire la guerra civile che nessun osservatore si sente oggi di escludere

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