Una Nato sempre più estranea agli interessi europei

Una valutazione decisamente audace che diventa doppiamente interessante per la fonte: Analisi Difesa e il suo direttore Gianandrea Gaiani, che sicuramente non dev’essere un estremista di sinistra né un infiltrato di Mosca. E Analisi Difesa non si nasconde dietro le parole.
«Una politica di Difesa dettata dagli anglo-americani, ‘maggiori azionisti’ dell’Alleanza Atlantica. incentrata sui loro interessi strategici sempre più lontani da quelli europei».
Londra e Washington, in appoggio ad alcuni partner dell’Est tra cui spiccano Polonia e Repubbliche Baltiche, fautori di una Nato con tanta voglia di tornare alla guerra fredda con Mosca, nonostante molti Paese (Italia tra loro) abbiano interessi divergenti.

Non manca l’ironia. «Fa quasi sorridere che il comandante supremo delle forze della Nato in Europa, il generale americano Curtis Scaparrotti, affermi che la Russia deve “cessare di intromettersi” nelle elezioni dei Paesi europei».
Analisi Difesa, sulla questione ‘interferenze’ cerca di supplire a certe dimenticanze di Scaparrotti:
«L’unico governo legittimo destabilizzato e rovesciato in Europa negli ultimi anni è quello ucraino, fatto cadere nel 2014 da una “rivoluzione” ispirata e sostenuta dagli Stati Uniti e da diversi ambienti europei che andrebbe definita più propriamente “golpe del Maidan»

Maidan terreno minato di opposte tifoserie, quindi solo questioni tecniche, dati, numeri.
I Paesi della Nato tutti assieme spendono per le forze armate 20 volte quello che spende Mosca e negli ultimi 20 anni è stata la NATO ad allargarsi a est.
Due nuovi quartier generali per ‘migliorare il movimento di truppe attraverso l’Atlantico’, che vuol dire l’invio di rinforzi da Usa e Gran Bretagna verso il confine orientale. L’ingresso del Montenegro nell’Alleanza e la richiesta di accesso della Georgia, altri sgarbi sul fronte russo, mentre il Congresso a Washington stanzia 350 milioni di dollari in aiuti militari alle truppe ucraine.

Fonte sud soltanto afghano

Alla Nato il cosiddetto ‘fronte sud’, la lotta al terrorismo islamico, sembra interessare ben poco. E la sconfitta dei jihadisti spinge la NATO a riconsiderare le missioni in corso. Viste sempre con occhio molto americano. Dal fronte Isis, molto trascurato ieri, a quello talebano dove sta andando decisamente peggio. Afghanistan: ministri della Difesa della Nato hanno deciso di passare dalle 13.459 unità di oggi ai 17mila.
«Non torneremo ad una missione di combattimento», promette Stoltenberg, ma solo addestramento. Solo ‘Minestra riscaldata’, riproporre con qualche aggiunta quello che si è rivelato palesemente insufficiente ieri, o ‘emergenze’ prevedibili da gestire in corso d’opera?

Questione di grande interesse italiano con 1.037 militari impegnati tra Kabul e Herat, secondo contingente dopo gli Stati Uniti. 4 mila uomini in più quando i talebani controllano almeno la metà del territorio. Nel 2011 c’erano 140mila militari Nato in Afghanistan, e finì come sappiamo. Scelta attuale incomprensibile. A Bruxelles l’Alleanza Atlantica, incerta sulle strategie, è molto decisa sui soldi. Intesa tra Turchia e il consorzio italo francese Eurosam per il sistema antimissile SAMP/T e forse batterie missilistiche Aster 30. Dopo che Ankara, furba, aveva confermato l’acquisto delle batterie antimissile russe S-400. Un po’ per uno non fa male a nessuno, ma la Svezia sceglie il sistema statunitense Patriot invece dell’italo-francese SAMP/T.

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