
Sono per la rivoluzione perché sono per la vita. Rivoluzione come unico atto d’amore e di fiducia nel futuro. E la rivoluzione devono farla i giovanissimi, meglio se bambini. Gli adulti di quest’epoca hanno perso, non nella congiuntura breve, ma nella prospettiva storica sicuramente. Verranno, verremo ricordati come quelli della generazione che ha tentato di uccidere la speranza. E se così sarà vorrà dire che ci saremo salvati. Condannati dalla storia come ignavi, ma salvati.
Perché ci salveranno giovanissimi e bimbetti? Perché se facciamo disegnare liberamente un bambino, se consideriamo il disegno come un modo per esprimere il profondo sentimento che lo anima, vedremo che disegnerà paesaggi semplici: fiori, alberi, case piccole, giardini e animali. Prima ancora della sua famiglia. Odiando l’immondizia, la bruttezza del cemento, l’aria irrespirabile, le guerre, l’idea di sopraffazione del forte sul debole.
Il bambino ha un rapporto con la natura potente e rivoluzionario, è naturalmente contro chi saccheggia la nostra terra e uccide il futuro. Poi l’educazione lo distoglie da questa coscienza purissima, lo reintegra nell’idea che sia necessario essere distruttivi e indifferenti, con la tendenza tutta conformista a non ascoltare i suoni della vita. E poi, di conseguenza, a non ascoltare le persone, ad ascoltare solamente se stessi e il richiamo sonoro del potere. Anche quando è un fischio da pastore. Allenati a non guardare, a limitarsi a vedere distrattamente senza poggiare attenzione, senza cura.
Da questi principi nasce l’ombra, da un riflesso interno di tutto quello che abbiamo perduto e stiamo perdendo. Apprendendo la schifezza filosofica in dosi omeopatiche quotidiane, crescendo i bimbi perdono la purezza del cuore, la bellezza dello sguardo, l’incanto dell’ascolto. Non si sorprendono più, non vedono crescere l’erba, non parlano più con gli alberi e pensano che le driadi e le ninfe non esistano. Crescendo sul piano della stupidità perdono di vista la vita.
Ecco, la rivoluzione devono farla i bambini fin quando sono in tempo.
E con i bambini chi ha il cuore di un bambino e per tante circostanze ha resistito. Quindi i pensionati che non si sono arresi, che hanno già attraversato il deserto del lavoro e hanno cuore nuovo e poco tempo. Gli artisti e i poeti, tutti quelli che evitando di crescere secondo le regole della bruttezza etica ed estetica, rifiutano di diventare conformisti, di accettare le regole. Regole e conformismo che possiedono anche le chiavi del successo, anche nel campo dell’arte, della letteratura, del cinema. Nell’immaginario artistico culturale direi che è potentissima la necessità di adeguarsi a regole formali per essere artisti riconosciuti. Ne abbiamo scritto ampiamente in: Hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato cultura e nell’elogio della mitezza e del conflitto.
Noi discutiamo di rivoluzione, non di marketing. Parliamo di coscienze e di bellezza assoluta, del cuore puro di Attila Jozsef, di Emo Formichi dalle mani callose che la sera dopo aver lavorato nei campi, dragato fiumi, attraversata la Toscana con il camion, guardando gli oggetti vedeva la loro anima. E che dice, artista-bambino, che le sue creazioni non le mette sul mercato perché non vuole che diventino un prezzo, un valore per ricchi. Se ha voglia le regala. Se non ha voglia le tiene per se.
Dobbiamo amare i poeti, artisti o quei filosofi irrequieti che sanno azzerare tutto. Azzerare convenzioni e vantaggi, potere e conformismo per riacquistare la purezza di un ragazzino che disegna un fiore.
Emo, ha 91 anni, è un artista bambino. Tutti i bambini sono artisti nati, il difficile è restarlo da grandi, diceva Picasso. Emo c’è restato. E come lui tanti, belli, lontani dai riflettori, capaci di agire nella storia controcorrente. E sempre nella storia c’è stato chi ha dovuto percorrere la via più perigliosa, più difficile da immaginare, per tenere alto un principio di onestà, di etica, di estetica.
Se un giorno verremo ricordati come quelli della generazione che voleva uccidere la speranza, sarà perché ci sono stati questi bambini. Perché lontano dagli schermi televisivi o dei pc si è agito da folli. Perché c’è stato chi ha coltivato cultura, nel tempo, piantando un seme di bellezza senza pensare di raccoglierne i frutti.
PS
A proposito di coltivare cultura e di dare la libertà di far crescere alberi ai nostri bimbi, in Valdorcia esiste una Querciona centenaria, salva dopo una battaglia civile lunga anni. Ne abbiamo parlato anche su queste pagine. In occasione del 21 novembre, della giornata nazionale degli alberi, i bambini liberi e rivoluzionari raccoglieranno ghiande della Quercia delle Checche, poi le cureranno e faranno crescere piccole piante da mettere a dimora per cercare di contrastare la sega mentale e distruttiva degli adulti che tagliano le radici del futuro e non si rendono conto di niente.