Foreign fighters in fuga, per loro solo la morte?

Il problema diventa pubblico con la caduta di Raqqa. Foreign fighters in fuga con famiglie per andare dove? Il fronte curdo-americano li dirotta contro le forze governative di Assad e russe iraniane, ma dopo? Terroristi addestrati e pronti all’uso sparsi per il mondo, è la minaccia ultima del Califfato morente. Come si prepara a reagire il mondo che l’islam radicale ha scelto come bersaglio?

Pena di morte

La Francia meno ipocrita. Mentre Raqqa conosceva la sue ultime ore da capitale dello Stato islamico, la ministra della Difesa francese Florence Parly ha chiarito la posizione di Parigi sul destino dei militanti dell’Isis e in particolare dei foreign fighters: «Se ci sono degli jihadisti che muoiono in questi combattimenti, tanto meglio. E se invece finiscono nelle mani delle forze siriane, dipenderanno dalla giurisdizione siriana».
Due punti chiari: meglio morti che vivi, meglio nelle galere lontane che quelle di casa, anche se non sarà facile ottenerlo da Paesi sconvolti dalla guerra e dilaniati ancora al loro interno.
Quindi il problema rimane.

G7 di Ischia e l’Italia

Più lungimirante la prospettiva sollecitata dall’Italia al G7 dei ministri degli interni ad Ischia.
«L’Isis – ha spiegato Marco Minniti in conferenza stampa – ha costruito la più imponente legione straniera mai esistita, 25-30mila combattenti provenienti da 100 Paesi del mondo. Dopo la caduta di Raqqa, i cosiddetti foreign fighter cercheranno di spostarsi. L’obiettivo è quello di lavorare insieme per impedire di farli tornare a casa come terroristi e di far trovare loro zone franche dove poter agire. C’è bisogno di collaborazione, soprattutto con i più grandi Paesi nord africani».
«La sconfitta dello Stato Islamico sul campo non rappresenta la fine del terrorismo. La raccolta e la condivisione delle informazioni è di fondamentale importanza», ha proseguito il ministro memore del suo recente passato di responsabile dei servizi segreti.

Intelligence e informatica

«Lo Stato Islamico è caduto a Raqqa ma non è caduta la sua ideologia. Da oggi un’alleanza internazionale che sconfigga il malware del terrorismo». ‘Malware’, linguaggio informatico per indicare gli strumenti di propaganda e di comunicazione anche terroristica.
«Le organizzazioni terroristiche – nota congiunta al termine del vertice – fanno un uso distorto di Internet per diffondere l’ideologia, reclutare nuovi combattenti, incitare agli attacchi, fornire guide sui metodi di attacco e raccogliere fondi per finanziare le loro azioni. È dunque urgente lavorare in collaborazione tra tutti gli attori coinvolti, incluse le autorità governative, il mondo dell’industria e la società civile, per contrastare efficacemente l’abuso di Internet da parte delle organizzazioni terroristiche».

La ‘Rete’ anti terrorismo

Google, Microsoft, Facebook e Twitter, mobilitate acanto ai ministri. Le società attive sul web impegnate a rendere le loro piattaforme ‘più ostili al terrorismo’. Oltre il ‘Global Internet Forum to Counter Terrorism’ di anni fa. Con alcuni impegni incrociati: 1) utilizzo di tecnologie automatizzate per la rapida rilevazione e la rimozione dei contenuti terroristici; 2) condivisione delle migliori prassi e tecnologie per migliorare le difese; 3) miglioramento della nostra base di conoscenza attraverso la ricerca e lo sviluppo; 4) potenziamento della crescita dei partner della società civile per sviluppare ‘narrative alternative’, ad esempio l’islam tradizionale e pacifico che diffonda con adeguata forza la corretta visione pacifica della sua fede.

Nascostamente modello Francia

Prevenire meglio che curare, ovviamente, ma quando non bastano le medicine, chirurgia. Nell’anti terrorismo, si fa ma non si dice. Sempre la Francia. Nel 2014 Parigi lancia l’operazione ‘Chammal’ contro lo Stato islamico in Iraq e Siria senza inviare truppe di terra ma affidandosi ai raid aerei. In realtà François Hollande quando era ancora presidente ha raccontato ai giornalisti di Le Monde di avere ordinato l’assassinio mirato di alcuni jihadisti nel Levante, e a fine maggio il Wall Street Journal ha scritto che le forze speciali francesi stavano fornendo all’esercito iracheno identità e coordinate precise dei foreign fighters francesi a Mosul perché venissero eliminati. L’allora portavoce del governo Castaner: «Lo dico a quanti vanno all’estero per arruolarsi nelle file di Daech: fare la guerra comporta dei rischi».

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