
La storia più famosa dedicata alle vicende e al destino di un’armata di mercenari è stata scritta più duemila anni fa dal greco Senofonte e racconta delle peripezie di diecimila greci che si erano arruolati per combattere a fianco del persiano Ciro il Giovane che voleva detronizzare il fratello Artaserse. Anche se la prima battaglia andò bene, nel combattimento morì proprio il comandante e pretendente al trono Ciro e i greci si trovarono isolati a migliaia di chilometri da casa, in pieno territorio nemico. La marcia per tornare indietro e vedere le sponde del mar Nero sarebbe durata più di un anno e nemmeno alla fine ci sarebbe stato un meritato riposo, perché Senofonte – che nel frattempo era diventato il capo dell’armata– si fece coinvolgere in un’altra guerra. Senofonte era però anche un grande scrittore e le descrizioni dei combattimenti e delle altre peripezie divennero un’opera letteraria, sebbene in realtà il mercenario, il ‘soldato di ventura’ nel corso dei tempi raramente ebbe una vita comoda e solo in pochissimi casi poté godersi quanto guadagnato.
Roma utilizzò abbastanza spesso truppe straniere come ausiliarie accanto alle legioni, ma non si trattò sempre di mercenari in senso stretto – ovvero legati elusivamente alla riscossione del soldo –, quanto piuttosto di potenziali alleati che sceglievano di combattere per Roma in cambio di futuri accordi vantaggiosi. Fu Cartagine invece ad impiegare durante le guerre puniche piccoli eserciti reclutati a pagamento in tutto il Mediterraneo o nell’attuale Italia settentrionale. Il loro destino, catturati dai romani, fu nella stragrande maggioranza dei casi la schiavitù, mentre ai legionari alla fine del servizio si concedeva un piccolo podere spesso collocato nella terra degli sconfitti: i vecchi soldati dell’esercito regolare ricevevano dunque una piccola liquidazione, ma soprattutto per mezzo dalla loro attività continuavano a controllare il territorio per conto di Roma contribuendo in tal modo all’organizzazione del vincitore e allo sfruttamento dello sconfitto.
Nel tormentato periodo degli antichi stati italiani più o meno tutti fecero ricorso a truppe mercenarie o compagnie di ventura reclutate un po’ in tutta Europa, ma anche nella stessa penisola. A partire dall’età comunale infatti le città o le piccole repubbliche organizzarono efficienti sistemi di riscossione dei tributi proprio per assoldare queste truppe. Il costo elevato alla fine però ne sconsigliava l’impiego in battaglia per evitare anche il rischio della perdita finanziaria: le compagnie di armati oziavano nelle città o nei castelli in attesa della corresponsione del soldo e il mancato pagamento o un semplice ritardo diventavano spesso i motivi principali della diserzione. Dal punto di vista dei mercenari si trattava invece più semplicemente di un nuovo contratto e, tra i tanti motivi delle lunghe guerre italiane, ci fu anche quello dei frequenti cambi di schieramento di compagnie di ventura e del loro capo che si comportava con disinvolta mentalità imprenditoriale. Il caso di intraprendenti capitani di ventura che divennero a loro volta signori di piccoli stati fu abbastanza frequente.
Poco nota ancora oggi è invece la vicenda dei mercenari che dalla Germania furono mandati combattere a fianco degli inglesi contro gli insorti della rivoluzione americana. Poiché un vero e proprio esercito inglese nelle colonie del Nord America non esisteva, e nemmeno arruolare sudditi americani fedeli alla corona sembrava opportuno, l’Inghilterra fece ricorso all’affitto di contingenti provenienti da stati tedeschi, ovvero piccoli eserciti già reclutati dai sovrani e da questi ceduti ad un terzo. Il soldo corrisposto ai soldati era lo stesso degli inglesi, ma il landgravio di Assia-Kassel e il duca di Brunswick-Lüneburg si fecero pagare direttamente un centinaio di sterline per ogni soldato o una somma maggiore se si trattava di un cavalleggero o di un ufficiale. In caso di morte degli stessi l’Inghilterra avrebbe corrisposto un indennizzo al sovrano affittante, che a sua volta non era obbligato a riconoscere alcunché a vedove od orfani. Le condizioni erano dunque molto vantaggiose per i sovrani affittanti: ad essi se ne aggiunsero altri e il numero dei ‘mercenari’ tedeschi arrivò in pochi anni ad oltre trentacinquemila soldati.