
Cosa fa un uomo ritenuto vicino a Cosa Nostra con i miliziani libici dell’Isis? Affari. Affari internazionali con il petrolio. Secondo l’operazione “Dirty Oil” nei serbatoi degli automobilisti europei è finito il gasolio libico destinato alle navi e trafugato dalla raffineria di Zawyia (a 40 km ovest da Tripoli). Una rete di traffico internazionale che tra il 2015 e il 2016 avrebbe smerciato 82 milioni di chili di gasolio libico rubato per un valore d’acquisto di 27 milioni di euro e un valore industriale di oltre 50 milioni di euro. Ai danni del bilancio italiano ed europeo risulta un mancato incasso di Iva per oltre 11 milioni di euro. La denuncia è arrivata dall’Eni, parte lesa nella vicenda.
L’operazione `Dirty oil´ ha comportato l’emissione una ordinanza di custodia cautelare (sei in carcere e tre ai domiciliari) nei confronti dell’amministratore delegato della Maxcom Bunker Spa, società che si occupa del commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi e di bunkeraggio delle navi; Marco Porta, di 48 anni, Nicola Orazio Romeo, di 45, di Catania, indicato da alcuni collaboratori di giustizia come appartenente alla frangia mafiosa degli Ercolano, e di due libici, uno dei quali, Fahmi Mousa Saleem Ben Khalifa, avrebbe guidato una milizia armata stanziata nella zona costiera al confine con la Tunisia, che avrebbe consentito a navi cisterna di rifornirsi del gasolio. Il carburante sarebbe stato poi trasbordato su natanti nella disponibilità di società maltesi che lo trasportavano in porti italiani per conto della Maxcom Bunker.
Come riporta La Stampa, il gasolio trafugato dalla Noc, la compagnia petrolifera nazionale libica arrivava in Italia, con una società di prodotti petroliferi, Maxcom Bunker, con sede a legale a Roma, per poi venire immesso nel mercato italiano ed europeo a un prezzo vicino ai prodotti ufficiali, ma con qualità inferiore. Gli ideatori del traffico, per non farsi scoprire, hanno prima costruito un sistema di finte società a strati per ottenere falsa documentazione libica probabilmente corrompendo funzionari statali.
Il Corriere della Sera partendo da Ben Khalifa, ricostruisce il sistema: “Khalifa – conosciuto col soprannome di «il Malem», il capo – era fuggito dal carcere nel 2011 con la caduta del regime di Gheddafi. Il miliziano, che stava scontando una condanna a 15 anni per traffico di droga, guidava un gruppo armato che controllava la zona costiera al confine con la Tunisia. E in particolare i porti di Abu Kammash e Zwarah. Era grazie a questo collegamento che la MaxCom riusciva a rifornirsi del gasolio rubato, sfruttando pescherecci modificati in navi cisterna. Queste navi, poi, giunte al largo di Malta, trasferivano il gasolio su petroliere controllate da società con sede legale sull’isola. Che proseguivano verso l’Italia, disattivando il dispositivo di identificazione per nascondere la propria posizione.”
La società smentisce, definendosi completamente estranea ai reati contestati e si mostra sorpresa dell’accaduto. Lo sostiene in una nota dal presidente della società Giancarlo Jacorossi, che annuncia anche «una indagine interna», aggiungendo che la società «manifesta piena fiducia nella magistratura e auspica che possa farsi chiarezza quanto più rapidamente possibile». L’operazione guidata da Carmelo Zuccaro coinvolge anche due maltesi Darren e Gordon Debono, entrambi di 43 anni, e un gruppo di collaboratori di Porta, posti ai domiciliari: Rosanna La Duca, di 48 anni, consulente esterna della Maxom Bunker, Stefano Cevasco, di 48, addetto all’ufficio commerciale, Antonio Baffo, di 61 responsabile del deposito fiscale di Augusta.
Al momento sono tre i libici ricercati dalla Procura di Catania che ha richiesto l’emissione di un mandato di arresto internazionale. Ci sono anche quattro italiani fermati tra cui spicca Nicola Orazio Romeo, considerato vicino alla famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano, riporta Il Fatto Quotidiano. Il suo nome è comparso nei verbali che documentano le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giuseppe Scollo ma le accuse non sono mai state dimostrate. In questo caso il gip ha escluso per lui ipotesi di contiguità mafiose, per i pm, però, è di rilievo la notizia di aver avuto contatti con i miliziani libici.
Nei mesi scorsi la Guardia di Finanza aveva denunciato la possibilità che «le importazioni di petrolio da zone sottoposte al controllo delle organizzazioni terroristiche abbiano come terminali anche le principali raffinerie italiane».
Per approfondire clicca qui: gli articoli di Remocontro sulla Libia.