Corbyn, dalla Gran Bretagna il socialismo del XXI secolo

Bandiera rossa in inglese, ‘Red Flag’ e pugno chiuso. Il segretario per partito laburista britannico Jeremy Corbyn promette un “socialismo per il ventunesimo secolo”, una politica “per i tanti, non per i pochi”, e un “nuovo modo di fare politica”, in cui il potere non è ristretto al parlamento di Westminster ma distribuito alle comunità e ai cittadini. Discorsi da socialismo come si conoscevano un tempo. “Siamo alla soglia del potere”, afferma Jeremy Corbyn dal podio di Brigton, che vanta la crescita ottenuta dal suo partito nelle recenti elezioni politiche, i conservatori divisi senza maggioranza assoluta, con Theresa May indebolita e a rischio dimissioni.

“Contro tutte le previsioni”, ricorda il leader, “abbiamo registrato il più grande aumento di voti dal 1945 e il miglior risultato in una generazione”. Serve solo più tempo per fare arrivare il messaggio al popolo e alle prossime elezioni, fra cinque anni se la legislatura arriverà fino in fondo (ma ci credono in pochi), prima se ci sarà un altro voto anticipato, il Labour effettuerà il sorpasso sui Tories: “Siamo pronti”, assicura lui, “siamo un governo in attesa”. Attorno a Corbyn il partito è unito, mentre Blair e i blairiani tacciono, racconta Enrico Franceschi su Repubblica.

Nel discorso Corbyn promette investimenti pubblici, aumento dei salari, nazionalizzazione di imprese vitali come acqua, energie, trasporti, istruzione universitaria gratuita, e spiega che i soldi di tutto questo verranno dal “far pagare un po’ più tasse ai più ricchi e alle grandi corporation”. Discorsi da socialista. Sbeffeggia Theresa May, “che oggi guida una coalizione del caos”, l’accusa che la leader conservatrice lanciava a lui in campagna elettorale. Critica Trump, e data la relazione speciale fra Usa e GB dice all’alleato americano: “La via che hai imboccato è sbagliata”.

Brexit: rispettare “da socialisti democratici” il risultato del referendum, ma mantenere “accesso al mercato comune, proteggere i nostri posti di lavoro, cercare una nuova cooperazione con l’Unione Europea” e soprattutto “non dare agli immigrati la colpa dei mali della nostra società, non cedere al razzismo”. Ai 3 milioni di europei residenti in Gran Bretagna (fra cui ci sono 600 mila italiani) dice: “Siete i benvenuti! Se non sarà il governo May a darvi al più presto la garanzia di restare qui con tutti i vostri diritti inalterati, ve la daremo presto noi!”. Labour unico partito in grado di unire chi ha votato Brexit e chi voleva rimanere nella Ue.

Ancora segnali di socialismo nelle condanne all’Arabia Saudita per la guerra nello Yemen, all’Egitto per la repressione della democrazia, alla Nobel Aung San Suu Kyi per le violenze birmane contro la minoranza dei Rohingya, e sostegno al popolo palestinese. Quasi memorie berlingueriane, se tradotte in italiano. Verso la conclusione, Corbyn torna al messaggio principale: «Serve un nuovo senso comune per sostituire il modello fallimentare creato dalla Thatcher, per rimpiazzare il fallito dogma neoliberista». Tema su cui aprire un dibattito anche oltre Manica, in tutta Europa. Infine, cronaca di Franceschini, cinque minuti di applausi e “Bandiera Rossa”.
Simboli, memoria, ma anche segnali.

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