
Adesso vanno di moda le bombe d’acqua. Le bombe eccitano sempre la fantasia dei cronisti, quelli che vedi aggirarsi tra i danni e la distruzione con l’ultima tecnica appresa nelle scuole di giornalismo. Ecco, vedete… E mentre la telecamera indugia su una cantina allagata, su un muretto crollato, su un albero in fiamme: ecco, vedete – pausa e respiro – una cantina allagata, ecco qui galleggia una vecchia bambola… ecco, e così via. La pura descrizione di quello che la telecamera sta inquadrando. Così che ogni volta penso che la presenza dell’Ecco-cronista sia davvero inutile. L’immagine racconta da sola, se non esiste la possibilità che l’inviato sul luogo del disastro abbia qualcosa da dire, è meglio il silenzio.
Ma l’Ecco-cronista fa di più. Indugia sul dolore, senza pietà, senza profondità del cuore. Un ecco di più vale qualunque immagine, una donna disperata che ha perso un figlio, un parente della vittima. Nel primo caso assistiamo a strazianti teatrini del pelo sullo stomaco, nel secondo alla fiera della vanità di chi non riesce manco a celare, se non il sorriso, la soddisfazione di essere davanti alla telecamera dell’Ecco-cronista.
Dopo aver indugiato sul dolore srotola l’elenco delle dichiarazioni ufficiali, di quelle prese dall’Ansa, delle istituzioni. A quel punto scatta anche la fase due dell’Ecco-cronista, il Microfo-cronista: agile, allenato a mettere il microfono davanti alla bocca del potente, a chiedere ma non a chiedere conto. Anche perché per chiedere conto occorre sapere di che cosa si sta parlando. Ovviamente questo ragionamento considera le sfumature. Parliamo di una modalità abbastanza costante, che rileviamo proprio sapendo che esistono tanti tantissimi giornalisti che non si comportano da Ecco-cronista e da Microfo-cronista.
Sarebbe bello ci fossero solo loro a raccontare quello che accade. Senza razzismo, senza pietismi, senza sensazionalismi. Nudi e crudi come lo è la realtà. Capaci di collegare con il pensiero effetti a cause, e se le cause non sono così chiare di esercitare la capacità del dubbio. Mi piacerebbe vedere un’intervista a un amministratore in cui alla prima pronuncia di “bomba d’acqua” il cronista, dopo aver gentilmente ascoltato, possa chiedere conto delle bombe di cemento.
Perché poi non serve essere urbanisti per capire che dietro ogni bomba c’è un fabbricante di bombe. Questo in guerra, questo in tempo di pace che di pace non lo è mai, direi in tempi di conflitto segreto e di lunga durata. Perché per ogni alluvione, distruzione, perversione o accidente della natura c’è una ragione umana: la prima delle quali è la cementificazione del territorio. L’impermeabilizzazione, la tombatura dei fiumi, irreggimentati, chiusi in un percorso di case. L’abbattimento degli alberi, l’urbanizzazione selvaggia, la distruzione della forma città e dei suoi confini, la visione della campagna, del verde, dei boschi come “vuoto” da riempire, da colonizzare, utilizzare per una visione immobiliarista liberista sfrenata.
Un dispositivo, quello in cui viviamo, in cui si intrecciano poteri finanziari, declinazioni politiche e mediatiche, interessi di pochi ai danni dei molti. Così, inavvertitamente, emerge il valore dell’Ecco-cronista, testimone inutilmente parlante dell’emergenza costante che anima il nostro vivere assuefatto; emerge la forza simbolica e tenace del Microfo-cronista, più che reporter un riportino del giornalismo. Il primo parla e non serve per come lo fa. Il secondo non parla e servirebbe che dicesse qualcosa. Figure funzionali alla bomba d’acqua, al raptus di follia, al delitto passionale.
Concludo questo Polemos con una considerazione ambigua, come ambigua è sempre la scoperta. Io li detesto, ma ho grande considerazione per gli Ecco-cronisti e per i Microfo-cronisti. Hanno capacità che altri non hanno. Sono le avanguardie spericolate e strategiche del mestiere di giornalista, senza di loro che resterebbe? Sono quelli che sanno aspettare, ingoiano qualche rospo culturale, ma poi sono al posto giusto e al momento giusto. Hanno dalla loro il tempo e la riconoscenza. E poi creano consenso, hanno anche successo con questo Ecchismo che contiene frammenti di arroganza in una composizione complessivamente insignificante. Una filosofia perfetta. Li ho visti arrivare sui territori come marzianetti sbarcati in quell’istante, adorati come divinità nei festival, perché volti più o meno conosciuti, televisivi. Una bomba di applausi.