
Mikheil Saakashvili, nazionalità imprecisata, professione mercenario politico.
L’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili domenica è entrato in Ucraina dalla Polonia facendo irruzione col sostegno di centinaia di suoi sostenitori, senza documenti e senza diritti. Cacciato dalla Georgia, e senza cittadinanza, cacciato e cancellato dall’Ucraina col divieto di tornarvi. Ex di tutto e presidente del nulla, apolide e pericoloso personaggio, con un passato di rifugiato anti russo negli Stati Uniti, laureato in legge alla Columbia University, molto molto vicino ad una certa sigla spionistica che inizia con la C e finisce con la A.
Ex alleato e adesso rivale del presidente ucraino Petro Poroshenko, Saakashvili, fino a novembre governatore di Odessa, a luglio era stato privato della cittadinanza ucraina ed espulso dal Paese. Ora l’ex leader della ‘Rivoluzione delle Rose’ in Georgia -stessi sostegni della fondazioni Soros e dintorni- rischia l’estradizione in Georgia, dove è accusato di abuso di potere e appropriazione indebita. Avrebbe anche rubato. Poi i guai anche in Ucraina. Nonostante il veto di Kiev e la richiesta di estradizione di Tblisi, l’ex presidente ha provato a rientrare in Ucraina. E c’è riuscito.
Dopo essere stato presidente della Georgia dal 2004 al 2013, Mikhail Saakashvili era stato nominato da Kiev governatore d’Odessa nel 2015. Aveva però rassegnato le dimissioni lo scorso novembre dopo appena 18 mesi in carica denunciando che la corruzione al potere era così radicata da non riuscire a lavorare con efficacia. L’accusa rovesciata che gli rivolge la patria d’origine. Diventato troppo scomodo e un possibile rivale per il presidente ucraino Petro Poroshenko, suo ex patrocinatore, lo scorso luglio si vede revocare la cittadinanza. Privato già di quella georgiana quando aveva prestato fedeltà all’Ucraina, Saakashvili si era quindi trovato di colpo “senza patria”.
Interessanti le peregrinazioni dell’ex presidente apolide: dagli Stati Uniti alla Polonia passando per la Lituania. Dei suoi supporti statunitensi già abbiamo detto, quando poi lui, tornato in Georgia, guidò la ‘rivoluzione colorata’, modello jugoslavo ‘Otpor’, contro l’allora leader Shevardnadze. In questo rientro sfida, non a caso si trova accanto Julija Timoshenko, l’oligarca protagonista della rivoluzione arancione del 2004, imprigionata nel 2011 per malversazione di fondi pubblici. Molta attenzione mediatica e per ora poco altro. Ma in molti non si fidano. Un nuovo corso della politica ucraina? C’è chi teme un colpo di mano. Un recupero a destra col principale accredito di essere acerrimo nemico di Vladimir Putin, cosa che in Ucraina per molta parte aiuta.