Cina: troppe bombe sotterranee, rischio crolli e nuova Chernobyl

È proprio il caso di dirlo: Kim Jong-Un, il cervellotico dittatore nordcoreano, non bastassero già le scrivanie dei capi di Stato di mezzo mondo, ora smuove letteralmente anche le montagne. E rischia di farle crollare rovinosamente. La notizia è stata data dall’autorevole South China Morning Post, che parla dell’allarme lanciato dal geofisico Wen Lianxking, della University of Science and Technology di Hefei, nella provincia di Anhui. In pratica, l’imponente massiccio sotto cui Kim ha svolto tutti i suoi ultimi test nucleari sta crollando e rischia di devastare un’area molto ampia, modificando l’orografia del sito.

Secondo Stephen Chen, analista del giornale, il team di scienziati guidati da Wen è sinceramente preoccupato che ciò possa avvenire per tutta una serie di dati in suo possesso. Tutti i dati di prima mano, vista la minuziosa catena di monitoraggio antisismico installata dal governo di Pechino nel proprio Paese, puntano sul monte che sovrasta il sito di Punggye-ri. Il team ha dato l’annuncio, ripreso dal South China Morning, sul website del “Laboratorio di sismologia e fisica profonda della terra” dell’università, aggiungendo che la previsione (sul rischio del devastante crollo) è la risultante di una serie di sofisticate triangolazioni dei dati in arrivo da oltre cento stazioni di rilevamento.

Lo sciame sismico secondario, che indica ulteriori movimenti franosi, continua? È probabile di sì, anche se i ricercatori di Hefei non lo dicono apertamente, ma lo fanno solo intendere. Le conclusioni di Wen hanno ricevuto un autorevole sostegno da parte dell’ex Diretttore della China Nuclear Society e senior researcher del Programma nucleare militare di Pechino, Wang Naiyan. Secondo lo scienziato, a Punggye-ri si corre il rischio di un disastro ambientale di proporzioni bibliche. Se il monte dovesse crollare (basterebbe un altro solo test) “resterebbe un buco enorme da cui le radiazioni scapperebbero in tutte le direzioni, compresa la Cina”.

In gergo nucleare il fenomeno si chiama “taking the roof of” (cioè, in pratica, tirare giù il tetto) e rende inutile la precauzione di fare un test sotterraneo per evitare una Chernobyl coreana. Più nei dettagli, l’analista del South China Morning rivela che è stato il secondo terremoto, verificatosi otto minuti dopo l’esplosione, a gettare nel panico i ricercatori di Hefei: è la stimmata, dicono, di un incipiente crollo. D’altro canto, aggiunge Wang, la mancanza di montagne adatte a fungere da schermo in aree il più possibile disabitate ha limitato di molto la scelta dei nordcoreani, che hanno finito per insistere su Punggye-ri.

Anche perché costruire poligoni di questo tipo costa un botto di dollari. Quanto potrà ancora resistere in piedi la montagna? Difficile dirlo. Ancora Wang avverte: se la bomba fosse esplosa in fondo a un camino verticale, i danni potenziali sarebbero stati più contenuti. Ma cosi non sembra. Molto più facile (ed economico) costruire un tunnel orizzontale, anche per la difficoltà di piazzare cavi e sensori indispensabili per valutare la dinamica e la potenza dell’esplosione. Un’ultima considerazione che va fatta, per un’ovvia proprietà transitiva, è che oltre ai cinesi, alquanto preoccupati devono stare pure i russi.

Se il problema non è tanto il crollo della montagna, quanto piuttosto la successiva fuga radioattiva, allora basta guardare la cartina per vedere che le Bombe H di Kim scoppiano a metà strada tra Pyongyang e Vladivostok, la più importante città russa sul Pacifico. Vladivostok è a meno di 400 chilometri a nord-est di Punggye-ri, è il terminale della Transiberiana, fondamentale porto commerciale e militare (base della Flotta del Pacifico di Mosca) e, inoltre, ha la bellezza di 600 mila abitanti. Che facciamo, Vladimir Vladimirovic Putin, se dovesse collassare la montagna “del diavolo”, li evacuiamo tutti?

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