
Il 2 gennaio 1492 la regina Isabella di Castiglia e il re Ferdinando d’Aragona, sposati dal 1469, entrarono trionfalmente a Granada portando a compimento il loro più grande obiettivo politico dopo l’unificazione dei due regni. Dopo sei secoli la Reconquista, ovvero la cacciata dalla Spagna dei regni musulmani, poteva dirsi finalmente conclusa, mentre in realtà cominciavano altri problemi le cui origini nascevano dal fatto che, nel corso delle guerre, erano stati fatti continui e pressanti appelli alla religione (cioè alla ‘guerra santa’ o alla ‘crociata’ a seconda dei punti di vista) e che le religioni coinvolte erano state ben tre: il cristianesimo, l’islam e l’ebraismo. Sin dall’inizio del nuovo regno insomma l’eredità di cinque secoli di guerre si dimostrò molto difficile da gestire.
Il 31 marzo 1492 fu emesso un decreto di espulsione degli ebrei dal regno, sebbene nella capitolazione della città fosse stata promessa la tolleranza religiosa. Nei quattro mesi seguenti, almeno ventimila ebrei (circa un quarto dei residenti), furono allora costretti a fuggire e parte di essi si rifugiò nel vicino Portogallo, dove re Giovanni – a fronte del versamento di otto cruzados a persona – concesse loro un soggiorno temporaneo di otto mesi. Altri ripararono in diversi luoghi del Mediterraneo sotto l’impero ottomano creando nuove comunità o rafforzando quelle esistenti. Costretti a convertirsi, quelli che rimasero subirono il divieto di esercitare determinate professioni e furono inoltre costantemente sorvegliati. Facile intuire cosa avvenne invece ai musulmani che avevano scelto di restare convertendosi.
Il principale strumento impiegato per esercitare questo controllo religioso (e politico) fu l’inquisizione che era già stata introdotta nei regni di Ferdinando e Isabella dal 1480 e si era rivelata affidabile. Poiché più o meno tutti i convertiti erano facilmente accusabili di eresia, anche per il semplice fatto che le nuove pratiche religiose risultavano del tutto sconosciute ai più, in poco tempo si ottenne l’uniformità religiosa in tutti i settori della società, dalle professioni all’università, dai commerci alle corporazioni. Nel 1502, due anni prima della morte della regina Isabella, i decreti furono nuovamente confermati nei confronti dei moriscos – i musulmani convertiti – e degli ebrei provocando altre persecuzioni. Circa un secolo dopo la Spagna poté infine vantare la propria ‘limpieza de sangre’ (purezza del sangue) senza però sottilizzare eccessivamente sui metodi utilizzati.
Da queste vicende, agli albori dell’età moderna europea, sono nate diverse immagini e rappresentazioni della storia, prima fra tutte quella dell’inquisizione che è ancora percepita oggi come strumento di intolleranza e di rigido controllo sulla società. Inoltre, se in precedenza erano stati perseguitati eretici o piccoli gruppi, molto più estese ‘guerre di religione’ avrebbero insanguinato l’Europa nei due secoli successivi. Più complesso il discorso sul rapporto tra islam e cristianesimo, poiché le accuse di mancato rispetto e violazione dei patti e quelle dei massacri sono state reciproche per secoli, la discussione è scivolata sul piano identitario e benché si tratti di vicende lontane l’uso distorto della memoria storica può ancora provocare conseguenze. Soprattutto quando qualcuno ricorda che il sud della Spagna ai tempi della conquista araba era chiamato el-Andalus.