
Alla fine aveva ragione l’Italia rispetto alle esitazioni del debole leader di Tripoli. L’Italia vara la missione in Libia: da subito una nave a supporto della guardia costiera, due probabilmente quelle previste operative nel mare libico, il resto sono le navi della missione Mare Sicuro, che già navigano nel Mediterraneo.
Dunque, accadrà, anche se in formato ridotto rispetto a certe attese di ‘blocco navale’. Accadrà nonostante una intensa giornata di dubbi e maldicenze, di accordi annunciati e frenati, di comunicati libici che sembravano smentite ma che in realtà erano solo trovate tattiche, come quella del premier libico al-Sarraj che aveva problemi in casa.
Con Roma pronta a chiarire che non si tratterà di una missione di guerra, né di una intromissione italiana nella sovranità nazionale libica che già sta in piedi per modo di dire.
Mentre a Roma il consiglio dei ministri è riunito, da Tripoli il ministero degli Esteri diffonde un altro comunicato sull’accordo con l’Italia. Per specificare che si tratterà di un supporto «solo logistico e tecnico alla guardia costiera libica al fine di aiutare a prevenire il flusso di migranti e la tratta di essere umani e salvare vite». Una nota, frutto dei contatti continui tra Roma e Tripoli, che di fatto blinda l’intesa. Risolto il pasticcetto diplomatico, la missione vera.
Ne sapremo di più martedì, quando le commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato esamineranno la delibera varata oggi dal consiglio dei ministri, conosceremo più dettagli. A grandi linee, fonti della difesa, nelle acque della Libia a sostenere la guardia costiera libica (segnalare le imbarcazioni degli scafisti e vigilare), saranno al momento le tre navi operative per Mare Sicuro.
«Un’operazione di supporto e non contro», precisa ancora il premier italiano Paolo Gentiloni. Ma non sfugge a nessuno il silenzio di Sarraj e soprattutto quello, molto più inquietante, del vero uomo forte della Libia, il generale Khalifa Haftar.