
Crisi ancora aperta e quasi guerra nel cuore del mondo arabo sunnita e petrolifero, ma era tutta un montatura. Trama giallistica da Stati quasi fantoccio. Un offesa ad Arabia Saudita e al mondo sunnita inventata scatenare un guerra ed eliminare una dinastia nemica dalla guida del Qatar. Doppio inganno, al Qatar bersaglio e agli ‘alleati petroliferi’ e non coinvolti.
Clamoroso colpo di scena grazie al lavoro dell’intelligence Usa e alle rivelazioni forse non del tutto casuali del Washington Post.
Ora, ovviamente, rimescolamento di carte e rese dei conti incrociate e complesse, il quello strano mondo dispotico di discendenze tribali/reali incrociate
Cosa è accaduto
Il 24 maggio scorso, sull’agenzia di Stato qatarina e gli account social di personalità come i ministri degli Esteri, apparivano all’improvvisamente una serie di dichiarazioni di fuoco da parte dell’Emiro del Qatar, un’aperta sfida all’Arabia Saudita e alla linea anti-Iran appena delineata al vertice di Riad.
Nelle dichiarazioni virgolettate, l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani esaltava Teheran come “grande potenza islamica” e faceva l’elogio dei Fratelli musulmani e in particolare di Hamas, appena indicato in occidente come uno dei pilastri del nuovo asse del male.
Dichiarazioni sono state il detonatore della crisi che ha portato alla rottura delle relazioni diplomatiche e al blocco economico e commerciale del Qatar da parte di Arabia saudita, Egitto, Emirati e Bahrein.
Dichiarazioni inventate, si è difesa da sempre Doha, mai creduta dai Quattro, compreso il ‘traditore’ nel mazzo.
Colpo di scena spionistico
Ora il Washington Post conferma la versione qatarina. L’Intelligence Usa ha scoperto che l’attacco hacker c’è stato e che è stato discusso nei dettagli da “membri di alto livello del governo” degli Emirati il giorno prima, il 23 maggio. Non è ancora certo invece se l’attacco sia stato condotto direttamente dagli emiratini o sia stato appaltato a qualche gruppo specializzato.
Gli Emirati, che adesso dovranno dare qualche spiegazione anche agli ‘alleati coinvolti nella sceneggiata quasi bellica, hanno smentito e accusato il Washington Post di aver pubblicato un “falso”. Ma i segnali che qualcosa non convinceva gli americani nell’azione dei Quattro si erano moltiplicati negli ultimi giorni, con il segretario di Stato Rex Tillerson che faceva la spola fra le capitali del Golfo. Tillerson che ha firmato con il Qatar un accordo per la lotta la finanziamento del terrorismo e si è mostrato via via più freddo con gli altri alleati.
Una mazzata ai Quattro
Poi sono arrivate le rivelazioni dell’Intelligence al Washington Post, certo non a caso. Una mazzata a tutta la strategia dei Quattro. Subito dopo l’attacco hacker avevano messo al bando tutti i media qatarini e cominciato un progressivo “strangolamento” con due ultimatum, uno corredato da 13 richieste molto specifiche, la più controversa quella di chiudere la tv satellitare panaraba Al-Jazeera. Tillerson aveva mantenuto una posizione neutrale, mentre il presidente Donald Trump si era schierato con sauditi e alleati.
Ulteriore inciampo della strategia personalistica della Casa Bianca, nello scegliere di volta in volta l’alleato privilegiato, più sulla spinta del fare il contrario rispetto ad Obama, che per valutazioni politico strategiche condivise con il Dipartimento di Stato e Pentagono.