Beduini contro Isis nel Sinai

Le alleanze del deserto

Le tribù beduine del Sinai, che per lungo tempo avevano concesso agli jihadisti di usare il proprio territorio, sono passate dalla parte del governo. L’Islamic State aveva cominciato a interferire con i loro affari. Ad esempio quel camion carico di tabacchi, fatto esplodere perché il fumo è vietato dalla legge islamica. Ma la tribù dei Tarabin, sul contrabbando di sigarette al confine con Gaza ci campa, e ha voltato le spalle agli ex protetti.
Risposta in pieno stile criminal-jihadista: miliziani dell’IS hanno rapito e decapitato 4 beduini. Fine definitiva dei rapporti tra il popolo beduino e Isis, e avvio di una cooperazione tra il governo egiziano e la Tribù dei Tarabin che è riuscita a coinvolgere i capi beduini delle famiglie più importanti della penisola. Nasce l’Unione Tribale del Sinai, la cui ala militare, la brigata ‘Shahid Salem Lafi’, conduce operazioni coordinate con l’esercito del Cairo contro l’Isis.

La feroce risposta Isis
Attacco terroristico del 7 luglio a Rafah che ha ucciso 26 soldati dell’esercito del Cairo e ne ha feriti altri 33 in un attacco suicida con autobomba. Prima l’esplosione, poi l’attacco di dozzine di miliziani. ‘Trenta minuti di sparatoria prima che i jihadisti finissero le munizioni e si ritirassero’, scrive Valentina Cominetti su Analisi Difesa. L’esercito egiziano ha poi parlato di ‘attacco sventato’, e di 40 miliziani del Califfato uccisi nello scontro.
Rivendicazione Isis: attacco sferrato per impedire un assalto delle forze del Cairo contro le posizioni del califfato. Il messaggio: lo Stato Islamico non è disposto a rinunciare al Sinai.
Lezione dura per Il Cairo proprio mentre si apre una nuova fase della difficile e lunga guerra del governo egiziano contro gli affiliati del califfo.

Fronte palestinese
Non solo alleanza beduina. Alla fine di maggio, l’Unione Tribale ha confermato che Hamas per anni ha collaborato con gli affiliati dell’IS nel Sinai, mettendo a loro disposizione uomini, armi e assistenza medica. Ora si cambia. «Non permetteremo a nessuno di supportare l’IS e useremo il pugno di ferro con chiunque osi sfidarci”, si legge nel comunicato dell’Unione. Anche questa minaccia ha giocato il suo ruolo nel calcolo strategico di Hamas che, dopo mesi di trattative con il Cairo, ha finalmente deciso di schierarsi dalla parte del governo.
Negli ultimi tempi del resto, i rapporti tra il movimento di resistenza palestinese e il Califfato si stavano deteriorando. Decine di uomini che lasciavano la Striscia per abbracciare la causa jihadista andando a combattere nel Sinai, mentre l’Isis lanciava l’anatema affermando che i palestinesi non erano veri musulmani.
Lo scontro ‘ diventato ufficiale all’inizio di maggio, quando Hamas ha pubblicato il suo nuovo statuto in cui si prevede la possibilità di una soluzione a due stati con Israele. ‘Abu Abdullah Almuhajer, uno dei generali dell’Isis Sinai attivo anche nella Striscia di Gaza -cita Valentina Cominetti- aveva affermato che Hamas fa parte di un complotto organizzato a danno dell’Islam e dei musulmani perché la Terra Santa non può essere oggetto di compromessi, specialmente con gli ebrei’.

Egyptian-Army
Così, dal 28 giugno, Hamas è ufficialmente passata dall’altra parte, dando inizio alla costruzione di una zona cuscinetto tra il confine egiziano e la striscia di Gaza. Il piano prevede di livellare un terreno lungo 12 chilometri, illuminando tutta l’area che sarà controllata da telecamere e torri di controllo.
Abu Naim, uno dei portavoce del movimento, ha parlato di “messaggio rassicurante per il Cairo, e di un’opera che migliora la sicurezza nazionale di entrambi i Paesi”. In cambio, l’Egitto apre qualche ora al giorno il valico di Rafah per far passare merci, acqua e carburante, dando un po’ di respiro agli abitanti della Striscia. Nuova collaborazione e antichi equivoci. Non è chiaro se e come questa zona cuscinetto possa porre fine all’attività di traffico sotterraneo attraverso il confine, ad esempio. I tunnel sono uno dei fattori chiave nell’economia della Striscia e un’importante fonte di introito per Hamas. Allo stesso modo, non è ancora chiaro se Hamas consegnerà alle forze di sicurezza egiziane i terroristi che il Cairo intende giudicare.
Collaborazione egiziano-palestinese tutta ancora da collaudare. Ma non solo.

Unione tribale del Sinai
Lo stesso vale per la cooperazione con l’Unione Tribale del Sinai. Non si può escludere che le armi che il Cairo sta dando ai capi beduini, non siano un domani imbracciate dalle tribù contro il regime, con il quale, negli ultimi anni, i rapporti non sono mai stati amichevoli.
Da ricordare sempre che le tribù sono passate dalla parte dello Stato solo per proteggere i propri interessi economici. Per ora gli equilibri del gioco sembrerebbero a favore del governo egiziano: i beduini conoscono il Sinai meglio dei militanti dell’Isis, che non dovrebbero più trovare rifugio nel territorio controllato da Hamas e che quindi potrebbero trovarsi finalmente stretti in una morsa.
Ma il Sinai è un territorio difficile da interpretare e imprevedibile: gli interessi non sono chiari e le alleanze possono cambiare da un momento a un altro (sempre Analisi Difesa). Ad esempio, capire perché l’attacco subito dall’esercito del Cairo il 7 luglio è riuscito a infliggere così tante perdite.
Ferocia finale degli jihadisti coscienti della sconfitta? Oppure prova di forza, esibizione di controllo del territorio senza più bisogno dei beduini per farlo? Oppure, ancora, qualche alleato dell’Egitto sta facendo il doppio gioco? Israele, un nome a caso.

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