Mosul quasi liberata ma Isis non è sconfitta. Tregua siriana

Iraq

Il Re è nudo, scopre e racconta Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera ad Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, a tre passi da Mosul. «Alla fine il governo iracheno ha deciso che l’attesa non poteva durare oltre e decide di celebrare la “vittoria” contro Isis scacciato finalmente da Mosul. Non importa che i jihadisti fanatici del Califfato siano ancora pronti a combattere in alcuni palazzi del centro, come del resto a Tal Afar e nella fitta rete di cittadine e villaggi che portano al confine siriano».
Il premier iracheno Haider al Abadi è noto per alcuni precedenti azzardi. Il 17 ottobre, quando l’offensiva era iniziata, prometteva che la vittoria sarebbe arrivata entro il 31 dicembre. Poi l’inizio del Ramadan. A Rasmadan finito da un bel po’, ogni ulteriore rinvio stava diventando un segno di debolezza e persino di impotenza. Dunque vittoria proclamata e festeggiata, prima di tornare e combattere.

Solo un passo. «Indubbiamente segna un passo importante sulla via dello smantellamento della dimensione territoriale di Isis -concede Cremonesi- Ma intano Mosul è ridotta a cumuli di rovine, con quasi un milione dei suoi abitanti trasformati in poveri sfollati». Ora nuove sfide incerte, tra rischio vendette e ulteriore ferocia.
La garanzia di convivenza e dignità politica del governo sciita di Baghdad alla minoranza sunnita.
I segnali non sono buoni e i precedenti pessimi. «A giudicare dal modo con cui le milizie sciite e le unità sciite dell’esercito iracheno trattano i civili sunniti di Mosul il dubbio è per lo meno lecito». Ma attenti a noi, avverte ancora Lorenzo Cremonesi: «La sconfitta di Mosul e le sofferenze delle sua popolazione potrebbero porre le basi per un secondo Isis più pericoloso e radicale del precedente».

Troppe volte liberata

Parto difficile. Una battaglia durata 266 giorni, a partire dallo scorso ottobre. Nove mesi per una vittoria difficile e una battaglia non ancora completamente finita. Nel frattempo le forze d’elite irachene che combattono contro lo l’Isis nella città vecchia di Mosul, hanno raggiunto la riva del fiume Tigri, ulteriore indicazione che lo stato islamico è sul punto di essere definitivamente cacciato dalla città. «Le forze del servizio anti-terrorismo hanno innalzato la bandiera irachena sulla riva del fiume Tigri nella città vecchia di Mosul», si legge nel titolo di Iraqiya News.
In realtà a Mosul, in alcune sua zone marginali ancora si combatte, ed ecco che dopo troppe vittorie milantate e disillusioni successive, anche le congratulazioni internazionali si sono fatte prudenti.

Emergenza sanitaria. Francesco Segoni, capo missione di Medici Senza Frontiera nella città che l’Iraq sta riconquistando. «Alcuni ospedali hanno ripreso a funzionare, ma manca tutto, e siamo troppo pochi». Attorno alla città dove ancora si combatte, la situazione sanitaria è all’emergenza. Il personale sanitario, racconta l’esperto, lavora facendo miracoli: a parte infermieri e medici pagati dalle Ong, gli altri dipendenti statali non hanno preso un dinaro sin dalla conquista di Mosul da parte dell’Isis, tre anni fa. Qualcuno ha mollato, ma la maggior parte va avanti, cercando di fare quello che può. A spingerli è spesso la necessità di impegnare il tempo, ma soprattutto l’impegno a far qualcosa nelle emergenze. «A Mosul ovest si combatte ancora. Nelle ultime settimane sono aumentati gli attacchi di terroristi suicidi, i razzi continuano a fare vittime, a volte i colpi di mortaio arrivano anche sugli ospedali. E se i feriti sono parecchi, tutti si mobilitano, cercando di mettere a disposizione le poche risorse disponibili».

Siria

Tregua Russia-Usa. Funziona il cessate il fuoco annunciato dopo il faccia a faccia fra il presidente Usa e Vladimir Putin venerdì a margine del G20 di Amburgo. Si tratta dell’ultimo tentativo internazionale di spianare la strada alla pace dopo sei anni di guerra. Usa, Russia e Giordania hanno raggiunto l’accordo di “de-escalation” questa settimana, con l’obiettivo di estenderlo poi per una tregua più robusta. In passato, va ricordato, diversi cessate il fuoco sono crollati.
Intanto oggi si apre a Ginevra il settimo round di negoziati di pace convocato dall’inviato speciale Onu per la Siria, Staffan de Mistura.
Israele inquieta. Il premier Netanyahu ha fatto sapere che accoglie la tregua, ma questa “non deve permettere il consolidamento di una presenza militare dell’Iran e dei suoi alleati, in Siria in generale e nel sud in particolare”.

Mosul sul Tigri, Raqqa sull’Eufrate. «Ci vorrà ancora qualche tempo, forse oltre due mesi, prima di poter annunciare la vittoria finale, come invece stanno facendo gli iracheni a Mosul. Isis qui -Siria, Raqqa- ha ancora oltre un migliaio di uomini. Tanti sono volontari stranieri, ben addestrati, ben contenti di morire in nome della guerra santa e del Califfo. E comunque i loro dirigenti sono già scappati con le famiglie più a est nella città di Deir el Zor», spiega il comandante curdo.
Altra delle differenze con Mosul: la presenza degli americani. A Raqqa sono ben visibili ovunque. Le loro colonne di truppe speciali sui gipponi blindati, lunghi convogli di camion e mastodontici, come dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003. L’aviazione americana vola di continuo, i suoi raid sono decine e decine al giorno. I comandanti curdi sanno che la battaglia sarà ancora lunga ed evitano l’effetto Mosul, la vittoria troppe volte annunciata che poi diventa una chimera.

Tags: Mosul tregua
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