
La Corte d’Appello del tribunale internazionale dell’Aja sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia ribadisce anche la vergogna olandese nell’orrore di Srebrenica. Tra le 8mila vittime del massacro, anche i 300 maschi musulmani di Bosnia, dagli adolescenti ai vecchi che avevano trovato riparo nel compound dei caschi blu da dove, opportunismo folle, furono costretti a uscirne, e consegnati alle milizie serbo-bosniache del generale Ratko Mladic, che li passarono per le armi assieme a tutti gli altri prigionieri.
Era il 13 luglio del 1995. Ricalcando quanto scritto nella sentenza di primo grado nel 2014, la Corte d’Appello ha ribadito che i caschi blu olandesi non potevano non sapere che quei 300 uomini e ragazzi, costretti a lasciare la base Onu nei pressi del villaggio di Potocari, sotto l’abitato di Srebrenica, sarebbero stati uccisi dai serbo-bosniaci, che da ore procedevano allo sterminio. Per questo, i discussi ‘peacekeeper’, “agirono illegalmente”, versione giuridica di quella vergogna di disumana viltà.
Azione illegale dei soldati, e solo “parzialmente illegale” il comportamento dopo la tragedia dello Stato olandese, condannato “a versare un compenso” alle famiglie delle vittime, pari al “30% dei danni” subiti da madri, mogli e figlie di quegli uomini e giovani mandati a morte certa dai suoi soldati che avrebbero dovuto invece proteggerli sotto le insegne delle Nazioni Unite.
Condanna parziale che non soddisfa i parenti delle vittime di Srebrenica presenti all’Aja.
L’associazione contesta che l’Olanda non sia stata ritenuta responsabile anche per la tragica fine di altri 5mila musulmani, che nel campo olandese non erano mai entrati perché respinti dai caschi blu.
Nel 2014, il tribunale aveva giudicato plausibile la giustificazione dei militari: lasciando entrare quelle migliaia di persone, nel campo non vi sarebbero state condizioni sanitarie sufficienti. Di fatto, lo sconto sui risarcimenti richiesti, la brutale traduzione delle sofisticate argomentazioni giuridiche. Quelli che avevano in casa e che abbiamo costretto ad uscire verso il macello, è un conto, gli altri che li abbiamo lasciato nelle mani dei carnefici senza muovere un dito, è altro conto. Ragionieri del massacro.
Marco Gerritsen, avvocato delle “madri”, pur comprendendo la loro rabbia, ha dichiarato che “da un punto di vista legale non è andata così male, ma ha considerato “molto arbitraria” l’affermazione della Corte d’Appello sulle “chance di sopravvivenza” degli uomini a Srebrenica, in quel 13 luglio del 1995. Quali chances? Possibile un ulteriore appello alla Corte Suprema olandese.