Rifugiati, 65 milioni di dannati, tifoserie di casa e il mondo

Una apocalisse planetaria, 65,6 milioni le persone costrette nel 2016 ad abbandonare le proprie case per guerre, violenze e persecuzioni, 300 mila in più dell’anno precedente, e il numero tende a crescere nel mondo, con l’Italia ai margini del fenomeno.
«Una persona ogni 113 è costretta ad abbandonare la propria casa», spiega l’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, «Una persona ogni 3 secondi».
Ed il ritmo delle migrazioni forzate di persone cresce.
Mentre nel Mediterraneo, dall’inizio del 2017 il dramma di già duemila morti.

Italia solidale?
‘L’Italia lontana da approcci di indifferenza se non di ostilità verso le vittime di tragedie dell’umanità che si sviluppano ai confini dell’Europa’, spera il presidente della Repubblica Mattarella. Ma è proprio vero? Vecchie guerre e nuovi conflitti, regimi dittatoriali che calpestano i diritti umani, cambiamenti climatici che provocano alluvioni e siccità. «Un appello a cui si sono accodati sindacati e sinistra per chiedere più diritti anche per i rifugiati che vivono in Italia», denuncia Il Giornale, che ci dice anche di Calderoli: «Altro che giornata dei rifugiati, l’Italia mantiene 400mila clandestini».

Tra Chiesa e Lega
Più volte Papa Bergoglio in prima persona e la Chiesa perché venga riconosciuto il diritto di cittadinanza ai figli di immigrati, nati e cresciuti in Italia, che in questi giorni infiamma il dibattito politico. Per la Lega Nord, dati attribuiti al Viminale, gli immigrati a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato tra il 2015 e il 2016 sarebbero stati circa 11.400 su un totale di oltre 331.800, appena il 3,5%. «Il restante 96,5%, ovvero circa 320.400 immigrati, li stiamo mantenendo al costo giornaliero di 35 euro a testa, ovvero 1.050 euro mensili a testa, ovvero 12.600 euro l’anno a testa». Cifre contestatissime da altre fonti.

Nel mondo
Fenomeno planetario e dati sorprendenti. Ad esempio, nella Federazione Russa si trovano 228.990 rifugiati. In Europa il primo paese con il maggior numero di rifugiati e la Turchia (2,9 milioni), seguita da Germania (669.000), Francia (304.000) e Svezia (230.000). Tra i paesi extra-europei figurano il Pakistan (con 1,4 milioni di rifugiati) e il Libano (con poco più di un milione). Sempre per la Russia, che uno non si immagina facilmente come Paese rifugio, durante il conflitto nell’Ucraina orientale la Russia ha accolto ben 2,5 milioni di migranti. E per serenità di Calderoli e Salvini, rapporto Global Trends, l’Italia terza al mondo per numero di domande di asilo, ma per andare oltre.

Da dove scappano
La Siria resta il paese più flagellato. Un primato con 5,5 milioni di rifugiati e, complessivamente, 12 milioni di persone sfollate internamente o fuggite all’estero, per un totale di quasi due terzi della popolazione. Gli afghani rappresentano anche quest’anno la seconda popolazione di rifugiati più vasta (4,7 milioni), seguiti dagli iracheni (4,2 milioni). Ma, nel 2016, a causa delle tensioni e delle violenze, è stato il Sud Sudan, il paese più giovane del mondo, a segnare il maggior aumento di profughi e rifugiati in fuga: dagli 854mila del 2015, si è passati addirittura a oltre 1,4 milioni l’anno scorso. Di questi, la maggioranza sono bambini.

Chi accoglie
Più ricchi e più egoisti. Fine 2016, l’84 per cento dei rifugiati si trovava in Paesi a basso o medio reddito, con una persona su tre (per un totale di 4,9 milioni) ospitata nei Paesi meno sviluppati. Il Libano è quello che, proporzionalmente alla sua popolazione, ne ospita di più: un milione complessivo di rifugiati, quasi 17 ogni cento abitanti, seguito dalla Giordania. Numericamente è la Turchia, invece, che ne accoglie di più (anche a causa del suo accordo con l’Europa): 2,9 milioni, poi il Pakistan con 1,4 milioni e Iran e Libano con un milione circa. A questo proposito c’è un piccolo dato in controtendenza: 552mila rifugiati sono tornati al casa nel 2016, circa il doppio rispetto al 2015. Di questi in gran parte in Afghanistan.

Italia senza Lega
Nel 2016 il nostro Paese è stato il terzo nel mondo per domande di asilo nel 2016, 123mila rispetto agli 83mila del 2015. Ma in testa rimane la Germania con 722.400 richieste, seguita dagli Stati Uniti con 262mila. Berlino è in cima alla classifica anche delle richieste di asilo dei minori non accompagnati, con 35.900. Seconda, riecco l’Italia, con 6mila domande, che tuttavia sono molte di meno dei minori che sono arrivati nel nostro paese nel 2016, quasi 23mila in tutto, che però si spostano in altri paesi europei o, purtroppo, finiscono nelle reti dello sfruttamento criminale. Gli apolidi. Infine, nel 2016, secondo l’Unhcr, almeno 10 milioni di persone risultavano prive di nazionalità o a rischio ‘apolidia’.

Lessico delle fughe
Migranti, rifugiati, profughi, richiedenti asilo. I rifugiati sono tutti migranti, ma i migranti sono tutti rifugiati? E i profughi? Attorno alla questione c’è un diffuso dibattito “sociolinguistico” che ha coinvolto tra gli altri Al Jazeera, il Guardian e Le Monde, e in cui rientrano riflessioni politiche o di altro tipo. «Migrante», come un termine “ombrello”, in genere chi emigra per fame. «Rifugiato»,
persona in fuga da minacce. «Profugo», chi fugge da guerra, povertà, fame, calamità naturali ma non è nelle condizioni di chiedere la protezione internazionale. «Apolide», chi non ha la nazionalità di alcun paese. Il clandestino perenne in ogni parte del mondo si trovi.

Rifugiati o migranti?
Tutti i rifugiati sono migranti, ma non tutti i migranti sarebbero dei rifugiati. L’Onu usa entrambe le parole, rifugiati e migranti, dicendo per esempio che «nel 2015, 292.000 rifugiati e migranti sono arrivati via mare in Europa». L’uso dei due termini viene scelto anche da altre organizzazioni come Amnesty International o Human Rights Watch. Distinzione tra ‘espatriato’, cioè emigrato e immigrato. Il primo termine, osserva il britannico Guardian, viene riservato esclusivamente «ai bianchi occidentali che vanno a lavorare all’estero» mentre «gli africani sono immigrati. Gli arabi sono immigrati. Gli asiatici sono immigrati». E anche le parole diventano espressione razzista.

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