
Le guerre del ‘quasi’ e del ‘forse’, che non è molto onorevole per le cose militari e per il giornalismo che se ne occupa. Raqqa e Mosul ‘quasi’ cadute ci dice Analisi Difesa in un suo reportage. Dalla quasi guerra alla quasi vittoria, e via rinviando la conclusione di ciò che era stato troppe volte imprudentemente promesso.
«A giudicare dallo spazio dedicato dai grandi media, specie in Italia, non sembra essere una gran notizia la disfatta militare dello Stato Islamico in Iraq e Siria e la probabile morte di Abu Bakr al-Baghdadi, con tutte le conseguenze di cui già da tempo si vedevano le anticipazioni», scrive indignata AD.
Cose militari
Le forze curdo-siriane sostenute dagli Stati Uniti hanno annunciato di aver conquistato una zona a nord-ovest di Raqqa, il quartiere Romaniah, dopo due giorni di combattimenti. L’Osservatorio Siriano da Londra, voce anti Assad vicina ai ribelli, ha fatto sapere che i curdi controllano anche un quartiere nell’est della roccaforte dell’Isis in Siria. Difficile disporre di maggiori dettagli per l’assenza di fonti neutrali sul campo di battaglia.
L’offensiva che ha portato le truppe delle SDF appoggiate da forze speciali anglo-americane a raggiungere la capitale del Califfato avrebbe provocato anche numerose vittime civili. Almeno 653 dal 15 marzo ad oggi a causa dei raid della Coalizione a guida Usa e dell’artiglieria delle milizie curde secondo quanto riferito da Aki-Adnkronos.
Jihadisti utili
Ma l’offensiva in corso su tre lati, lasciando un corridoio a sud che consentirebbe ai 4mila miliziani che si stima difendano la città di ritirarsi. L’allarme da parte delle forze armate russe in Siria che stanno monitorando la situazione nell’area di Raqqa che denunciano l’esfiltrazione dei miliziani del Califfato. Mosca accusa la Coalizione a guida Usa e i gruppi armati curdi di permettere ai miliziani dell’Isis di lasciare Raqqa e di “dirigersi verso le province dove sono attive le forze governative siriane”.
Di fatto Washington e i suoi alleati consentirebbero all’Isis di ritirare le sue truppe da Raqqa per consentire loro di continuare a combattere nei settori di Palmyra e di Deir ez Zor contro le truppe di Damasco. Una valutazione resa ancora più credibile dalle reiterate azioni belliche delle forze aeree Usa in Giordania contro le unità militari di Damasco e dei loro alleati nel settore di al-Tanf.
Stop guerra civile
“La guerra civile in Siria si è praticamente fermata” dopo che il 4 maggio ad Astana è stato firmato un memorandum per la creazione delle zone di de-escalation, ha dichiarato il generale russo Serghiei Rudskoi. 2.640 miliziani siriani avrebbero utilizzato le procedure di amnistia del governo siriano, abbandonando le armi nel nord della provincia di Damasco, nelle città di Zabadani, Madaya e Buqeyn. Amnistia e bombe contro Isis e Jabhat al-Nusra. 1.268 raid russi in Siria nell’ultimo mese, colpendo 3.200 obiettivi tra cui stazioni di controllo, depositi di armi e munizioni, basi di trasferimento e campi di addestramento.
L’esercito di Assad ha ripreso il controllo di 105 chilometri del confine con la Giordania e ha raggiunto la frontiera con l’Iraq, nell’Est del Paese, per la prima volta dal 2015, quando la quasi totalità del territorio era nelle mani dello Stato islamico.
Sul fronte di Mosul
La capitale Isis in Iraq che doveva essere liberata da mesi. Il comandante della polizia federale irachena, conferma che l’Isis mantiene il controllo solamente su alcune aree della Città Vecchia, e si sapeva. Le Forze di Mobilitazione popolare, i paramilitari paramilitari sciti, hanno affermato di aver ripreso il controllo di tutte le zone situate a ovest di Mosul.
Ma in Iraq, la vittoria ormai imminente sul Califfato riaccende le tensioni locali. Pochi giorni fa la decisione del presidente del Kurdistan iracheno, Masoud Barzani, di fissare un referendum per l’indipendenza dall’Iraq il 25 settembre. Il governo di Baghdad ha annunciato che respingerà ogni decisione unilaterale delle autorità del Kurdistan per ottenere l’indipendenza. Un’altra guerra? Anche la Turchia, con il primo ministro Binali Yildirim, ha contestato il referendum curdo, parlando di scelta “irresponsabile”.