
L’Arabia Saudita e gran parte dei Paesi del Golfo che la stanno seguendo in questa operazione politica contro il Qatar, hanno finanziato l’estremismo islamico in giro per il mondo fin dagli Anni 80, sino a quando i gruppi jihadisti gli si sono rivoltati contro. E adesso, usando proprio il pretesto della guerra al terrorismo, i sauditi hanno sferrato un attacco diplomatico senza precedenti contro vicino di casa Qatar per colpire l’avversario storico Iran.
C’è chi ha definito le prese di posizione di Donald Trump nelle sue recenti visite in Araba Saudita e Israele, una sorta ‘fatwa’ contro Teheran, ‘sentenza’ strategica a cui ieri l’Arabia Saudita e satelliti petroliferi avrebbe dato corso. La mossa dei sauditi e contorno contro il Qatar è una delle conseguenze. E se siano a ieri era un pasticcio districarsi tra le complessità del mondo arabo, tra regni, sultanati, o semplici dittatori per far prima, e tra versioni diverse della fede musulmana, islam Sciita e islam sunnita, da oggi un complessità in più dagli esiti incerti.
Perché il Qatar è il Paese meno allineato alle posizioni saudite e gestisce con l’Iran il giacimento di gas South Pars/North Dome nel Golfo Persico. Ma il Qatar resta un Paese a maggioranza sunnita, fino a ieri parte integrante della coalizione dei leader sunniti investita solo due settimane fa dal presidente Trump del compito di sconfiggere l’estremismo islamico. Difficile per ora capire se Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Yemen a cui si sono aggiunti la Libia orientale e le Maldive fanno davvero sul serio o se è ancora avvertimento.
Qualcosa di simile era già accaduto nel marzo del 2014, quando i Paesi del Golfo, che vuol dire sempre Arabia Saudita e dintorni, avevano richiamato i loro ambasciatori in Qatar. Imputazione allora, il sostegno all’ex presidente egiziano Morsi e alla Fratellanza musulmana. Allora bastò che il Qatar espellesse alcuni leader dei Fratelli musulmani. Ma questo volta, sotto la voce ‘terrorismo’ è indicato l’Iran, potenza politica la cui influenza nell’area è in crescita, ed ormai imprescindibile alleata strategica della Russia in Medio Oriente. Questioni pesanti, insomma.
A scatenare l’ultima crisi tra Riad e Doha, alcune presunte dichiarazioni dell’emiro del Qatar che criticavano la crescente opposizione a Teheran. O la telefonata con cui, dieci giorni fa, l’emiro del Qatar ha fatto i complimenti al presidente iraniano Rohani per la sua rielezione. Impossibile negare l’impatto della visita di Trump a Riad sulla decisione di isolare lo scomodo alleato qatariota, che con l’Iran condivide anche l’enorme giacimento di gas in mare aperto. Utile ricordare che il sostegno Usa ai sauditi passa attraverso una montagna di armamenti.
O con noi o con Teheran, dice Riad al mondo arabo, esibendo il sostegno del nuovo vertice Usa. Prova di forza a fronte di tante debolezze soprattutto esterne. Nello Yemen, dove da due anni l’Arabia Saudita conduce campagna aerea contro i ribelli Houthi filo-iraniani, senza risultati decisivi, salvo il massacro di una popolazione stremata e una gravissima crisi umanitaria. O in Siria dove, in oltre sei anni di guerra ha investito miliardi per finanziare i ribelli, Isis compreso, mentre il presidente Assad, sostenuto da russi e dagli iraniani, è ancora in sella.
Citati da Giulia Belardelli sull’Huffington Post, le considerazioni di un uomo molto vicino al presidente iraniano Rohani. Il commento, via Twitter, è di Hamid Aboutalebi, vice capo di gabinetto del presidente iraniano. «Quello che sta accadendo è il primo risultato della danza della spada», ha twittato Aboutalebi, facendo riferimento alla danza tradizionale delle spade, l’ardah, a cui ha partecipato il leader americano durante la sua visita a Riad. La Russia, resta a guardare, dichiarandosi interessata a mantenere buone relazioni con tutto il Medio Oriente.
I SOLDI DEL QATAR IN ITALIA E NEL MONDO
1,7 miliardi di euro, dati 2015, gli investimenti del Qatar in Italia: dall’immobiliare alle banche fino alla moda, ragnatela di intrecci che porta sempre al cognome Al Thani, la famiglia reale di Doha che governa il Qatar dal 1850 circa, anche se fino al 1971 l’emirato era un protettorato britannico.
Nel 2013 l’ascesa al trono dell’attuale emiro, il 36enne Tamim Ben Hamad Al-Thani, educazione britannica e famiglia musulmana, con quattro mogli e otto figli.
Da allora, molta Italia a Doha e molto soldi ‘qatarini’ investiti in Italia
I rapporti commerciali tra il Qatar e l’Italia, dato 2015, hanno un valore di circa 1,7 miliardi di euro.
Uno degli ultimi colpi in Sardegna dove la Qatar Airways si è presa il 49% di Meridiana.
Nel 2011 gli Al Thani hanno acquisito l’Hotel Gallia a Milano, nel 2012 il fondo sovrano ha rilevato la Costa Smeralda. Nello stesso anno i reali del Qatar hanno comprato la ‘maison Valentino’ per 700 milioni di euro. La stessa QIA, che ha comprato Porta Nuova, è entrata con un investimento di 165 milioni nel capitale di Inalca, del gruppo Cremonini.
Ma i soldi del Qatar hanno fatto comodo a molti nel mondo. Il fondo Qatar Investment Authority, Qia, ha aiutato/salvato numerose banche: Barclays, Credit Suisse e Deutsche Bank, per parlare di giganti.
Il Paese prediletto è forse la Gran Bretagna dove il Qatar ha investito quasi 40 miliardi di sterline negli ultimi anni, puntando molto sull’immobiliare. Tanto che – si è scritto – a Londra gli Al Thani possiedano un patrimonio immobiliare superiore a quello della famiglia reale britannica.