Al vertice Nato, la sola aquila che vola è anti-droni

Nelle tensioni e paure del mondo, una nota quasi comica.
Ci sarà anche un’aquila addestrata per abbattere droni a vigilare sulla sicurezza del vertice della Nato nel nuovo quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles. Si tratta di un’aquila di mare ‘testabianca’ addestrata della polizia olandese.
L’aquila, dello stesso genere che è anche il simbolo degli Stati Uniti, fa parte dell’imponente dispositivo di sicurezza schierato a protezione del vertice con Donald Trump e gli altri 28 capi di stato e di governo della Nato.

Due neopresidenti
L’americano Donald J. Trump e il francese Emmanuel Macron. Temi in discussione annunciati dal Segretario Nato Jens Stoltenberg: legami transatlantici, condivisione degli oneri e maggiore contributo della Nato alla lotta al terrorismo. Praticamente la sintesi di tutti i problemi occidentali.

Soldi
Sulla condivisione degli oneri, cioè sulle maggiori spese per la Difesa già chieste in passato da Barack Obama e dallo stesso Stoltenberg, passare al 2% del Pil nazionale per la difesa. Impossibile
per l’Italia all’1,1 attuale. Dicono che nel vertice saranno definiti criteri per valutare gli impegni di tutti gli Stati Nato nelle varie missioni. L’Italia nella follia Afghanistan, ad esempio, o in Libia, eccetera.

Nato anti Isis
Sulla lotta al terrorismo Stoltenberg ha anticipato un probabile ingresso dell’Alleanza atlantica nella coalizione anti Isis, escludendo però la partecipazione ai combattimenti in Siria e in Iraq. Sarà interessante vedere se Trump farà un discorso più articolato sui rapporti tra gli Usa e gli altri Paesi e su come intende il ruolo dell’Alleanza in futuro.
Di stabilizzazione del Medio Oriente e del Nord Africa, gestione dei flussi migratori e il contrasto al terrorismo, tra due giorni a Taormina.

La Libia
Il 23 maggio si è riunito sempre a Bruxelles il Quartetto che comprende Onu, Ue, Lega araba e Unione africana. L’Ue non si aspetta che la Nato “abbia un’operazione in Libia”, ma segnala pessime novità. Milizie estremiste hanno attaccato il 18 maggio l’aeroporto di Barack Al-Shati nel Fezzan, Libia meridionale, uccidendo 141 persone, di cui almeno 74 militari di un reparto del generale Khalifa Haftar, l’uomo forte di Tobruk.
Il premier targato Onu, Fayez al Serraj, ha sospeso il suo ministro della Difesa fino all’individuazione dei responsabili. Problemi interni allo stesso fragile governo sostenuto dall’Italia.

L’Afghanistan
Il vertice dovrà affrontare anche il nodo Afghanistan. Prolema Usa scaricato anche sulla Nato. Il generale McMaster, Consigliere per la sicurezza nazionale, e il generale Mattis, segretario alla Difesa, già da qualche settimana hanno ipotizzato l’invio di almeno altri 3 mila soldati statunitensi combattenti. Lo scorso 9 febbraio il comandante della missione afghana Resolute support, generale John Nicholson, ha sostenuto che per fermare l’escalation talebana, servono diverse migliaia di soldati internazionali. L’Italia già sta dando molto. Troppo a parere di molti in casa nostra.

Roccaforti dell’Isis
In una recente newsletter del Cesi, il Centro studi internazionali, si ricorda che la cellula del Califfato controlla le province di Nangarhar e di Kunar al confine con il Pakistan, continua a destabilizzare l’area grazie ai finanziamenti che arrivano dal “comando” dello Stato islamico e “si pone come concorrente rispetto all’insorgenza talebana, acutizzando la crisi di sicurezza in Afghanistan”. Nelle ultime settimane gli attentati rivendicati dall’Isis sono aumentati: l’ultimo si è verificato il 17 maggio a Jalalabad City con l’attacco alla televisione di Stato.

I dubbi degli esperti
Problema, la roccaforte dell’Isis ai confini con il Pakistan. L’Economist solleva dubbi sulla utilità di altre truppe. Problema irrisolto, l’ambivalente ruolo del Pakistan nella lotta al terrorismo. Sdi litiga anche sui numeri, sull’entità dei contingenti che sarebbero necessari. L’anno scorso Barack Obama disse che 8.400 soldati statunitensi sarebbero rimasti in Afghanistan per tutto il 2017 e a quella cifra si fa riferimento anche oggi quando si parla dei 3 mila che l’amministrazione Usa vorrebbe inviare in più. Gli ultimi dati ufficiali della Nato, risalenti a marzo, in realtà dicono che gli americani sono circa 7 mila su un totale di 13.500, così come per l’Italia la Nato ne indica 1.037 e il ministero della Difesa parla di una presenza media di 950.

L’Isis afghana dopo i talebani
Da analizzare e decidere la natura dell’intera missione Nato che da quando l’Isis ha preso piede in Afghanistan, oltre all’aumento del territorio controllato dai talebani -errori politico-militari clamorosi- ha assunto involontariamente un ruolo diverso. Quesito irrisolvibile, dopo quasi 16 anni dall’11 settembre. Accertata l’impossibilità a rendere davvero sicuro l’Afghanistan, l’Occidente può permettersi di abbandonarlo a se stesso offrendo su un piatto d’argento al jihad un’enorme area geografica come base del terrorismo internazionale?

Tags: vertice
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