
A Manchester, attentato pianificato e non ‘lupo solitario’
Non sono né possono essere “lupi solitari”, se non nella loro solitudine al momento dell’esplosione.
Semplicemente perché non si porta a compimento un simile attentato senza una rete di appoggio logistico. Per cui diciamo subito che c’è ancora molto da fare nel mondo dell’Intelligence e delle misure specifiche nei confronti di questi potenziali terroristi che, guarda caso, sono sempre noti alla polizia per precedenti più o meno specifici. Questo ci fa pensare.
Prevedere delle norme restrittive per chi delinque ed appare, anche solo appare, in linea con il terrorismo, è forse sbagliato? Un fatto è certo ed i cittadini di qualunque orientamento politico od ideologico compatti concordano. Un sospettato di terrorismo non può rimanere in libertà senza uno stretto controllo e godere dei diritti civili di tutti gli altri bravi cittadini. Non parliamo di carcerazione preventiva ma di misure di isolamento. Si può, la situazione lo impone, la gente ne sarebbe felice.
Fin qui un sacrosanto sfogo di chi segue con interesse la geopolitica e le vicende internazionali. Ora però dobbiamo ragionare. Dire che la misura è colma non serve a nulla, dire che si devono prendere nuove misure, lo abbiamo già sentito ma siamo ancora in attesa dei fatti.
Non possiamo nasconderci che la nostra leadership europea non è stata in grado di interpretare, valutare e classificare le dinamiche complesse del mondo arabo per cui si è stati solo capaci di semplificare il problema delle nostre reciproche difficili relazioni riconducendolo ad un ipotetico scontro tra civiltà.
Ne si è stati capaci di comprendere, interpretandoli, i messaggi ma anche le ambiguità delle cosiddette “primavere arabe” sulle quali non si è mai voluto riflettere. Nello scenario medio orientale gli Stati si dissolvono, emergono nuovi attori tra cui, prepotentemente, vari gruppi terroristici di differenti sigle e riferimenti, primo tra tutti lo Stato islamico (IS), che sono stati capaci di ridisegnare i confini lasciati dalle potenze coloniali, di sottomettere popolazioni allo sbando e precipitate nella più nera miseria, che sono diventate un fertile bacino di reclutamento per il jihadismo internazionale. Il nostro nemico, che con i suoi attentati tiene l’Occidente sotto scacco e che è maestro nell’attrarre i giovani islamici europei di seconda generazione verso il radicalismo e di farne dei potenziali terroristi da impiegare all’occorrenza. Lo abbiamo visto anche a Manchester.
In tale contesto il terrorismo internazionale di matrice jihadista, costituisce oramai una minaccia globale e impone per contrastarlo forme sempre più strette di cooperazione internazionale.
La sconfitta militare dell’IS è solo questione di tempo e di volontà da parte di chi sta veramente combattendo lo Stato islamico nel territorio che ancora controlla. Ma questo non basta. Occorre distruggere l’ideologia che è alla base di questo terrorismo che appare sempre più come una forma di vendetta nei confronti dell’Occidente che oggi combatte le sue guerre solo con la tecnologia, per preservare le vite dei propri soldati, che combatte solo guerre asimmetriche come quella in Siria ed Iraq dove ai droni ed ai raid aerei della coalizione nessuno si può opporre.
Una volta superata la fase militare si dovrà necessariamente procedere all’applicazione di politiche di contrasto determinato contro le organizzazioni terroristiche e le connesse reti di supporto logistico da effettuare in stretto collegamento tra le Intelligence degli Stati.
Ma non basta, questo è solo un primo passo. Occorre poi mettere in atto specifiche misure di controllo e di contrasto sia al proselitismo nelle varie associazioni islamiche o da noi ritenute tali perché autoproclamate – già presenti ed operanti attivamente nelle società occidentali – sia alla violenza diffusa nelle nostre fasce degradate della popolazione immigrata. Non basta. A lungo termine occorre mettere in valore interventi profondi nelle comunità degli immigrati nei nostri Paesi per far comprendere i crismi della pacifica convivenza sociale come è intesa in Occidente.
Non modifica o annullamento dei propri valori culturali da parte degli immigrati ma accettazione delle regole del luogo in cui hanno chiesto ed ottenuto di vivere e di crescere i loro figli. Accoglienza nelle regole, nel rispetto della nostra cultura che è e deve rimanere predominante e quella di riferimento, senza cedimenti. Ma bisogna decidersi a partire, bisogna far presto.