
Nuova clamorosa piroetta politica a cui Donald Trump sta abituando il mondo. L’uomo che durante la campagna elettorale aveva espresso odio e disprezzo per il mondo islamico si schiera con l’Islam più integralista. Nella cornice imponente del King Abdulaziz Center a Riad il presidente Donald Trump ha tracciato la strada della sua politica in Medio Oriente davanti a 55 leader di Paesi islamici, con qualche problema per alleati Nato e occidente assortito attorno che proprio non la pensano allo stesso modo.
«Alleanza con le nazioni arabe musulmane che vogliono collaborare nella lotta contro estremismo e terrorismo, convivenza fra le diverse fedi, ebraica, cristiana, musulmana, come è stato per secoli in Medio Oriente, pace fra palestinesi e Israele».
Amicizia forse ma nemico certo
Trump ha sferrato un nuovo duro attacco all’Iran, accusato di aver alimentato «il fuoco dei conflitti settari» negli ultimi quattro decenni e di aver causato la tragedia della Siria, con la complicità del regime siriano. Trump ha anche attaccato due volte Hezbollah ed elogiato i Paesi del Golfo per aver messo il movimento libanese nella lista delle organizzazioni terroristiche.
Il regime iraniano, ha insistito, deve essere isolato, e non deve più poter finanziare il terrorismo. Solo elogi per l`Arabia Saudita, indicata come esempio di tolleranza, convivenza e dove anche la condizione della donna sta migliorando.
Contro quale terrorismo?
Trump, con accenti completamente diversi dalla campagna elettorale, ha sottolineato che il 90 per cento delle vittime del terrorismo sono musulmane e che spetta alle nazione del Medio Oriente sconfiggere l’estremismo. Dobbiamo «restare uniti contro l’uccisione di musulmani innocenti, l’oppressione delle donne, la persecuzione degli ebrei e il massacro dei cristiani», ha insistito.
Trump ha poi elogiato gli sforzi dei Paesi arabi, compreso il Libano, nella lotta contro Al-Qaeda e l`Isis in Siria e Iraq, le truppe americane per i sacrifici Afghanistan. Ha delineato una grande alleanza, incentrata sui Paesi musulmani, «per spazzare via dal Medio Oriente e dal mondo il terrorismo e l’estremismo».
Trump convertito all’islam
Il 9 marzo del 2016 alla CNN, aveva invece detto «L’ Islam ci odia.. c’`è qualche cosa lì che… c’è un odio tremendo lì… dobbiamo andare a fondo… c’è un incredibile odio per noi». Conversione da presidente per Trump nella nazione culla del wahabismo, la versione più rigida e intollerante dell’ Islam sunnita, la matrice dalla quale sono nati i personaggi come Osama bin Laden.
Ma l’Arabia Saudita, ha riservato al primo vanitoso d’America un’accoglienza da imperatore e ha fatto una commessa per acquisti di armamenti americani che supera i 300 miliardi di dollari, una cifra dieci volte il bilancio annuale per la Difesa del governo italiano, ampliando le vendite di armi avanzatissime, come il sistema antimissile THAAD. Evidentemente non c’è odio così tremendo che una carrettata di miliardi non possano far dimenticare.
Donald Trump ha fatto una storica scelta di campo nella secolare e spesso feroce guerra civile e religiosa interna all’Islam e ha schierato gli Stati Uniti con i Sunni contro gli Shia, riservando all’Iran le parole più violente e le accuse più feroci. Gli ayatollah di confessione Shia, sono la minaccia più grave.
Questo mentre ancora i giovani iraniani festeggiavano per le strade di Teheran la rielezione del moderato Hassan Rouhani. Elezione, parola semisconosciuta nella autocrazie rappresentate a Ryad.
Ritorno alla retorica dell’Asse del Male e degli Stati Canaglia cara a George W Bush. Scelta di campo con i Sauditi dimenticati quali protettori e finanziatori della più radicale corrente del Sunnismo, i Wahabiti Salafiti dai quali discende, da Osama bin Laden all’Isis, il peggio del radicalismo terrorista che ha colpito ovunque.
E torna il tema della campagna elettorale condotta contro l’accordo per i congelamento delle ambizione nucleari iraniane firmato dall’odiato Obama, aveva promesso di ribaltare.
Con i 110 miliardi di dollari in armamenti che saranno venduti ai Sauditi, gli Stati Uniti sono ora il principale fornitore di armi e di appoggio politico ai nemici mortali dell’Iran. Ma schierarsi nella guerra santa Shia e Sunni apre questioni difficili.
In Iraq, sono le unità dell’esercito irakeno, sotto la guida di un governo dominato dagli Shia, a combattere e morire per sloggiare il Califfato dell’Isis, che è un’emanazione dell’estremismo violento Sunnita. O in Siria gli Hezbollah, e le diverse milizia iraniane che stanno vincendo la guerra assieme ai russi e ai curdi?
Domanda che si pone Vittorio Zucconi: «Combatteranno ancora, e saranno disposte a morire, le forze che appartengono a quella parte del mondo islamico che Trump considera come il “Male” nella lotta contro il “Bene”?
Può, il futuro della regione, rasserenarsi tornando a rinchiudere la più antica, più giovane e più filo americana – dicono i sondaggi – nazione del mondo islamico tra l’Atlantico e l’Himalaya, nella gabbia dell’ Asse del Male, preferendo alle elezioni gli autocrati ereditari che ascoltavano Trump e lo applaudivano?
Perché, in questo quadro, il governo di Teheran dovrebbe rinunciare alla Bomba Atomica, di fronte a nemici al proprio confine, che Trump ricoprirà di armi di ultima generazione?»