A Riad abbracci petrodollari armi e patto anti-Teheran

C’è chi, esperto di cose orientali e del mondo arabo, rileva i dettagli di un protocollo regale fatto di sottintesi: Obama a Riad accolto da un principe di secondo rango, mentre ieri re Salman è andato fin quasi sotto la scaletta, facendo un pezzo a piedi e appoggiandosi sul bastone, per dare il benvenuto a Trump. Poi il sovrano è salito sull’auto blindata del presidente americano per il trasferimento a Corte.
Segnali, vicinanze e familiarità tra persone e regimi e che uno è poi libero di interpretare. Il regno medioevale Saudita, simbolo del potere assoluto del principe padrone, ama molto Donald Trump, o almeno, gli conviene la sua amicizia.
E Donad Trump affarista più che presidente già lo ha detto, gli Usa non andranno più in giro per il mondo a sostenere diritti umani ma affari e soldi.

E di soldi e di affari si è parlato, anzi, si è fatto, vestendo tutto da ‘rilancio dell’alleanza’ applaudito dai cortigiani delle due parti. Nella sostanza, accordi commerciali e militari per 380 miliardi, oltre le previsioni. Prezzo da pagare per Trump & Company, oltre ad un arsenale di armi micidiali che presto assaggeranno in poveri diavoli dello Yemen?
Un ‘Patto anti-Iran’, ufficializzato dall’attacco congiunto dei ministri degli Esteri, Rex Tillerson e Adel al-Jubeir, che hanno intimato a Teheran di «ritirarsi» dalla Siria e dallo Yemen. Inelegante dimenticanza Usa del sostegno saudita all’Islamic State in Siria e Iraq, e all’estremismo islamico nel mondo.
Concentrarsi di più sull’Iran, è il prezzo politico che deve pagare l’America, stesso conto che tra qualche giorno verrà presentato Trump da Netanyahu. Tempismo storico catastrofico rispetto ai risultati elettorali in Iran, dove, eccezione mediorientale, i cittadini votano, mentre i sudditi no.

Il ruolo più sporco è toccato al povero Segretario di Stato Tillerson, costretto ad affermazioni decisamente ‘audaci’ e comunque a letture forzate dei fatti e della realtà. Piaggeria nei confronti degli ospiti, non esattamente campioni di democrazia interna ed export, quando ha invitato il neo rieletto presidente iraniano Rohani a smettere di finanziare «le forze destabilizzatrici che agiscono nella regione», cioè le milizie sciite addestrate da Teheran, a cominciare dall’Hezbollah libanese, ma anche dall’Hashd al-Shaabi iracheno, con un ruolo sempre più evidente in Siria. Peccato che sia solo grazie a loro che la guerra ad Isis si sta vincendo.
Il contestato Hashd al-Shaabi combatte contro l’Isis in Iraq, mentre i sauditi non sono mai voluti entrare nella coalizione internazionale a guida Usa che contrasta il Califfo.
Distratto Tillerson che all’Iran di ripristinare i diritti come la libertà di parola e di associazione, e non si rende conto di parlare di corda in casa dell’impiccato.

Impiccato o decapitato. Nella piazza di Riad, davanti alla Grande Moschea, il venerdì mattina si tengono ancora le esecuzioni capitali, per decapitazione.

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