
L’inconsapevole ironia di certe scelte diplomatiche. Donald Trump domenica a Riad pronuncerà un discorso incentrato su una «visione pacifica dell’Islam», lui che sull’Islam ha avuto molto da dire e da fare in casa col blocco dei visti.
Ma l’ironia vera è nel pacchetto di affari che altri per lui vanno a firmare a Riad.
Tra i 98 e i 128 miliardi di dollari di armamenti statunitensi per il regno saudita. In dieci anni, le vendite totali di armi Usa potrebbero raggiungere il valore di 350 miliardi di dollari. Non male per
una «visione pacifica dell’Islam».
Una Nato araba
L’appoggio degli Stati Uniti alla ‘Nato araba’ in cambio di contratti per 350 miliardi di dollari in armamenti. Sarà questo il grande accordo fra Trump e i Paesi del Golfo.
Il progetto di una “Nato araba” era già stato lanciato due anni fa e prevedeva anche una “forza di rapido intervento” di 40 mila uomini all’interno della Lega araba. Questa volta però, secondo indiscrezioni della Casa Bianca raccolte dal Washington Post, il progetto è molto più concreto, ha l’appoggio diretto degli Stati Uniti attorno ai due pesi massimi del Golfo, Arabia saudita ed Emirati arabi Uniti.
La “Nato araba” dovrebbe avere il compito di guidare la lotta contro il terrorismo e tenere sotto controllo l’Iran. Al progetto sarebbero già interessati Egitto, Giordania ed Emirati Arabi Uniti, con gli Stati Uniti nel ruolo di sostenitori e organizzatori dell’alleanza. Un nucleo dell’alleanza militare è già impegnato, per esempio, nella guerra civile in Yemen.
La ‘Sparta’ del Golfo
Armi, basi militari e jet. Ecco perchè il Pentagono ha ribatezzato gli Emirati Arabi Uniti, una «piccola Sparta». Nell’ultimo decennio, le spese militari della federazione, che sta seduta su un mare di petrolio, sono esplose. Nel 2016 hanno toccato i 24 miliardi di dollari, il 6% del Pil, arrivato a 400. Le importazioni di armamenti, soprattutto da Usa e Ue, hanno toccato i 3,5 miliardi.
Gli Emirati sono emersi come la più affidabile forza armata alleata dell’Occidente nel Golfo. L’aviazione emiratina dispone di 150 caccia fra F-16 e Mirage 2000 ed è seconda solo agli Usa nei raid contro l’Isis in Siria e Iraq.
Nello Yemen, le forze degli Emirati si sono comportate molto meglio di quelle saudite. Sono state le truppe emiratine a cacciare i miliziani di Al-Qaeda da Aden e dal porto di Mukallah: hanno salvato la faccia al presidente Mansour Hadi e rimesso in carreggiata l’azione della coalizione sunnita contro i ribelli sciiti Houthi.
Trump Erdogan la strana coppia
Passata quasi inosservata per le polemiche di politica interna Usa, la visita del discusso super presidente turco Erdogan alla Casa Bianca. I due, almeno sulla carta hanno diverse cose in comune, soprattutto l’atteggiamento nei confronti della stampa. Trump si limita comunque solo a criticarla e definirla disonesta, mentre Erdogan è impegnato in una vera lottà contro i media.
La Siria è il tema sul quale le distanze tra Turchia e Usa sono più accentuate dopo la decisione americana di fornire armi ai militanti delle ‘Unità di protezione del popolo curdo’ per combattere Isis. Il Pentagono ritiene le milizie curdo-siriane il partner locale migliore per cacciare l’Is da Raqqa, mentre la Turchia considera l’Ypg un’organizzazione terroristica legata al Pkk.
Il Presidente turco si trova ad affrontare più di una situazione critica. Il suo Paese, spaccato in due dal referendum del 16 aprile, sembra sprofondare sempre di più nella crisi economica e nella dittatura dai giorni immediatamente successivi al golpe, quando ci fu addirittura chi pensò all’auto-golpe.