Siria, accuse Usa di sterminio sulle trattative di Ginevra

Nuove accuse di crudeltà contro il regime siriano di Bashar al-Assad dal Dipartimento di Stato Usa. Perplessità per la coincidenza delle rivelazioni con una tornata importante delle trattative Onu a Ginevra. Il governo siriano, accusa Washington, starebbe procedendo a esecuzioni di massa di migliaia prigionieri nel carcere militare di Saydnaya, a 30 chilometri da Damasco.
Le impiccagioni, accusa la diplomazia statunitense, avvengono a un ritmo di una cinquantina al giorno. Per cancellare le prove dello sterminio, all’interno dell’istituto di pena un edificio è stato modificato per essere adibito a crematorio, come mostrerebbero foto satellitari declassificate diffuse dal Dipartimento di Stato.

Affermazioni gravi, avanzate attraverso una catena dei deduzioni su cui si sta già scatenando la polemica. Le foto che vedete, scattate da satelliti commerciali, coprono un periodo che va dal 2013 ad oggi. «Non provano in modo assoluto che l’edificio inquadrato sia un crematorio», ammette il portavoce del Dipartimento di Stato, ma evidenzierebbero «una costruzione “coerente” con quel genere di utilizzo».
‘Costruzione coerente’, ricostruzione incerta. L’immagine del gennaio 2015, in particolare, mostra il tetto del presunto crematorio ripulito dalla neve, «scioltasi presumibilmente per il calore sviluppato da una combustione».
«Dato che le numerose atrocità perpetrate dal regime siriano sono state abbondantemente documentate, riteniamo che la costruzione di un crematorio sia il tentativo di nascondere le esecuzioni di massa nella prigione di Saydnaya», ha affermato Stuart Jones, parlando di ‘fonti credibili’.
Corollario politico, le ‘depravazioni di Assad’, «col sostegno di Russia e Iran».

Le denunce di Amnesty
Denuncia analoga lo scorso febbraio da parte di Amnesty International. Un rapporto scritto sulla base di interviste a guardie carcerarie, ex detenuti, magistrati e avvocati. Ed usciva la cifra impensabile di 13mila le persone impiccate tra 2011 e 2015 in Siria proprio nella prigione di Saydnaya. Il rapporto di Amnesty del febbrai scorso convide in molti dettagli con le accuse di oggi arrivate dal Dipartimento di Stato.
Oltre alle vittime di Saydnaya, Amnesty quantificava anche 17.000 i detenuti morti nelle carceri siriane nel corso del conflitto. Ma a Saydnaya, aggiungeva l’organizzazione nel suo documento, “sono inflitte ai detenuti condizioni inumane, torture, sistematiche privazioni di acqua, cibo, cure mediche e medicine” mentre sono costretti a ubbidire a “regole sadiche”.
Passaggio politico chiave, «I negoziati di Ginevra, affermava Amnesty, non possono non tenere conto di questi “crimini contro l’umanità».

La trattative che esclude gli Usa
Torniamo a Jones, Dipartimento di Stato, che si è detto pessimista sui risultati dell’accordo che ha istituito “zone di de-escalation” in Siria nel tentativo di ridurre la violenza e salvare vite umane. Accordo mediato dalla Russia con il sostegno dell’Iran e della Turchia durante i colloqui nella capitale kazaka di Astana la scorsa settimana. Posizione Usa quasi scontata.
La denuncia arriva in un momento positivo per il regime. I ribelli di due quartieri periferici di Damasco, Qabun e Barzé, si sono appena arresti, e l’evacuazione dei combattenti è cominciata ieri. Fra poco toccherà a Yarmouk e a quel punto i ribelli controlleranno solo la zona del Ghouta. La fine dell’insurrezione a Damasco, dopo Aleppo. L’opposizione ridotta a qualche frangia di territorio al confine con la Turchia e la Giordania.
Per Jones, assistente del Segretario di Stato, la terribile scoperta getta cattiva luce anche sull’intesa raggiunta ai colloqui di pace di Astana. Così come accade a ogni vigilia della riapertura dei negoziati targati Onu, la sensazione è che nella risoluzione della grande crisi siriana il ruolo delle Nazioni Unite sia sempre contrastato e marginale.

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