Venezuela: guerriglia urbana e Paese a rischio

Mercoledì, la “madre de todas las marchas”, la madre di tutte le marce organizzata dalle opposizioni venezuelane contro il governo del presidente Nicolas Maduro. Scontri e guerriglia urbana. Due manifestanti e un poliziotto uccisi e oltre trenta persone arrestate. Ma questo mercoledì. Da allora è lotta continua. Le vittime tra i civili sono un diciottenne colpito alla testa da un proiettile e una ventitreenne uccisa nello stato di Tachira. Un sergente della Guardia Nazionale ha perso la vita a San Antonio. 8 le vittime dall’inizio delle proteste.

Alla marcia di Caracas, organizzata nell’anniversario del conflitto per l’indipendenza dalla Spagna del 1810, ha chiamato per strada oltre diecimila persone. Non solo sostenitori della piattaforma delle opposizioni Mesa de Unidad Democratica guidata da Enrique Capriles, governatore dello stato di Miranda e leader del partito Primero Justicia, la destra per intenderci, ma anche da centinaia di cittadini dei quartieri poveri di Caracas, per anni fedelissimi dell’ex presidente Hugo Chavez che ora si sentono traditi dal suo successore Maduro.

Le opposizioni chiedono elezioni anticipate, la liberazione dei prigionieri politici (tra cui Leopoldo López, ex sindaco del comune di Chacao, nel distretto metropolitano di Caracas, in carcere dal 2014), l’apertura di corridoi umanitari per far arrivare dall’estero forniture di beni alimentari e di medicine, la restituzione di piene funzioni all’Assemblea Nazionale dove l’opposizione ha la maggioranza dei seggi, e il licenziamento dei consiglieri della Corte suprema che il 30 marzo avevano esautorato il parlamento dei suoi poteri.

Da mesi il Venezuela è un Paese militarizzato, con scontri anche di piazza sempre più intensi e violenti. Senza gli introiti del petrolio e con gli indici di inflazione e disoccupazione ormai fuori controllo, il presidente Maduro appare sempre più isolato. Il 17 aprile la maggioranza dei Paesi dell’OAS, l’Organizzazione degli Stati americani, con in testa Brasile, Argentina e Messico, non l’ala sinistra latino americana, sono tornati a chiedere al governo venezuelano di rispettare il diritto del popolo a protestare pacificamente.

Non a caso, al loro appello si è poi aggiunto quello del segretario di Stato americano Rex Tillerson: Spettatori interessati a questa crisi per interessi petroliferi evidenti, gli USA si espongono per la prima volta contro Maduro da quando Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca. Da quando è morto Chavez nel 2013, la loro influenza nel Paese a favore del fronte delle opposizioni è cresciuta in modo esponenziale. Adesso i nuovi disordini di Caracas potrebbero essere il pretesto che in molti cercano -o temono- per qualche prova di forza.

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