Non solo testimoni: il fotoreporter eroe che soccorre e piange

E’ a terra, in lacrime, con la macchina fotografica in mano. Una fotocamera che doveva documentare l’arrivo ad Aleppo di civili in fuga da Foua e Kefraya, due villaggi siriani assediati dai ribelli islamisti e gruppi terroristi. Abd Alkader Habak, nel giorno dell’attacco suicida che ha causato la morte di almeno 126 persone, si è ritrovato invece a salvare vite. Poco dopo l’esplosione, con altri colleghi presenti sul posto, ha messo da parte la fotocamera e ha provato a trascinare via dalle fiamme bambini e adulti.
Il suo coraggio e il suo dolore, testimoniati dagli scatti di altre persone presenti sul posto, sono diventati immediatamente un simbolo della strage di Rashideen del 14 aprile, condivisi migliaia di volte su Twitter e Facebook. Sul suo profilo Twitter il fotografo, dopo l’attentato, ha scritto: “Quello che io e i miei colleghi abbiamo fatto dovrebbe ispirare l’umanità e tutti coloro che hanno contribuito a uccidere i bambini di Khan Sheikhan”.

68 bambini uccisi dall’autobomba fatta esplodere con l’inganno tra i civili in fuga

L’attentato contro gli sfollati di Foua e Kafraya continua a non essere rivendicato. L’ordigno era su un camion che si presumeva trasportasse aiuti e cibo

Ci sono almeno 68 bambini tra i 126 civili uccisi da un’autobomba esplosa ieri in Siria a Rashideen, sobborgo ribelle a ovest della città di Aleppo. Obiettivo di un terrorista kamikaze che ha provocato oltre cento feriti tra le persone sfollate da Foua e Kafraya, mentre stavano per salire su alcuni autobus. Centonove persone uccise erano sfollati diretti nelle zone controllate dal governo, dopo la riattivazione di un accordo con i ribelli sotto la supervisione di Iran, Turchia e Qatar.

Nel mirino di chi ha compiuto l’attentato, i civili in fuga da Fua e Kafraya, le due uniche enclave governative sciite della provincia di Idlib, per il resto nelle mani dei ribelli integralisti sunniti. L’accordo minato dall’orrendo attacco terroristico, doveva permettere ai civili di Madaya e Zabadani, aree ribelli assediate dall’esercito, di raggiungere anch’essi un luogo sicuro. Contrasti interni tra fazioni terroriste, è l’analisi diffusa su quanto accaduto.

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