
Mahmoud Ahmadinejad, il minaccioso ex presidente dell’Iran, al potere dal 2005 al 2013, si è iscritto nella lista per le candidature alla presidenza dell’Iran. L’avvio di una procedura complessa e probabilmente senza esito, ma provocazione politica è certa. Ahmadinejad era stato “sconsigliato” dal ripresentarsi dalla Guida Suprema della Repubblica islamica, Ali Khamenei, che aveva annunciato di voler sostenere la candidatura del suo ex vicepresidente, Hamid Baghaie.
Dietro la candidatura si intuiscono manovre e tensioni all’interno dell’establishment più integralista iraniana, tra gli eredi dell’ajatollah Khomeini. Eredi, appunto. Sta prendendo quota la figura di Hassan Khomeini, figlio dell’ayatollah leader della rivoluzione del 1979 e Guida Suprema fino la 1989, ma su posizioni più riformiste del padre. Altri riformisti spingono invece per la ricandidatura dell’attuale presidente Hassan Rohani.
Mahmoud Ahmadinejad è sempre stato vicino ai Pasdaran e all’ala più “popolare” del regime, con una forte base elettorale nelle campagne conservatrici mentre i riformisti hanno più consensi nelle grandi città, fra gli studenti e nei ceti intellettuali. La decisione di Ahmadinejad è stata ufficializzata nel primo giorno di registrazione dei candidati al ministero degli Interni, che ha visto già l’iscrizione di 126 persone, tra le quali sei donne.
Iran protagonista internazionale anche oggi per il ruolo militare e politico che sta svolgendo in Siria. Relazione privilegiata legata a tre fattori: l’ostilità verso Israele, il contro-bilanciamento occidentale in Medioriente e il contenimento del sunnismo revanscista. Durante la guerra Iran-Iraq, la Siria è stata l’unica nazione araba a supportare gli iraniani. In cambio, riceveva petrolio a prezzi stracciati e know-how per il programma d’armamento.