Siria, attacco Usa con missili per punire l’uso dei gas

Dunque, Donald Trump, sceglie la linea dura. Gesto più spettacolare che di valore militare, al momento: 59 missili Tomahawk lanciati contro la base siriana di Al Shayrat, da dove, secondo l’intelligence americana, sarebbero partiti i jet di Bashar al Assad con le armi chimiche che hanno colpito nella zona di Idbil.
Perdite siriane, denuncia Damasco. Non sarebbe stato colpito alcun aereo o mezzo dei russi, avverti prima. I missili sono stati lanciati probabilmente da due navi da guerra nel Mediterraneo alle 20.30 ora americana, le 2,30 in Italia.

L’annuncio di Trump
Trump, del resort di Mar-a-Lago in Florida dove si trova col presidente cinese Xi Jinping, fa l’annuncio: «Questa notte ho ordinato un’azione militare mirata sull’aeroporto in Siria da cui è partito l’attacco chimico». La frase chiave arriva poco dopo: «Non c’è alcun dubbio che la Siria abbia queste armi terribili, violando i suoi impegni previsti dalla Convenzione sulle armi chimiche e ignorando gli inviti del Consiglio di sicurezza dell’Onu». L’accusa diretta è quella di possedere le armi chimiche. Grande accortezza da Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Cosa grava dalla Siria sul mondo, per Trump? «Il risultato è che la crisi dei rifugiati continua ad aggravarsi e le regione continua a destabilizzarsi, minacciando gli Stati Uniti e i suoi alleati. Questa sera faccio appello a tutte le nazioni civilizzate a porre fine alle stragi e allo spargimento di sangue in Siria e a porre fine al terrorismo di ogni tipo».

Solo un avvertimento?
Ieri, la decisione di colpire, di una atto clamoroso come immagine, senza intervenire militarmente in maniera irreversibile. La scelta offerta dal Pentagono era tra il bombardamento di alcuni aeroporti militari controllati dal governo di Damasco o di raid più estesi contro obiettivi diversi, non solo scali aerei, ma anche le fabbriche sospettate di assemblare le armi chimiche.
Scelta l’ipotesi più limitata, con Trump che ordina ai suoi di avvisare i russi. Gesto importante, ma i Tomahawk di stanotte riportano comunque le tensioni tra Washington e Mosca al massimo livello.

Rischio escalation
Per ora lo strike condotto lanciando 59 missili Tomahawk contro la base aerea sembra un avvertimento isolato. Un attacco che il Pentagono ha definito «necessario e proporzionato». Gli Usa hanno deciso di rovesciare Assad? Ancora una settimana Trump: «Tocca al popolo siriano decidere se continuare o no ad essere governato da Assad». E nel motivare i missili di questa notte Trump non ha parlato di ‘regime change’ né ha menzionato Russia e Iran. La risposta di Mosca sarà decisiva per capire se tutto sarà limitato all’oggi o se siamo all’avvio di un coinvolgimento Usa anche nella guerra in Siria.

Siria e Russia
Dura la reazione della televisione di stato siriana che definisce il raid missilistico “un’aggressione” da parte degli Stati Uniti. I missili avrebbero colpito piste, velivoli e zone di rifornimento. Sarebbero rimasti uccisi 4 militari siriani.
Ma è già durissima la reazione del governo russo, che ha annunciato la richiesta della riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Lo ha detto Victor Ozerov, presidente del Comitato del Consiglio della Federazione russa sulla difesa e la sicurezza: “Questo puo’ essere considerato un atto di aggressione da parte degli Stati Uniti contro uno Stato delle Nazioni Unite”.

È tornato il ‘gendarme del mondo’?

Alcune domande chiave:
1, l’America di Trump sempre “gendarme del mondo”?
2, come risponderà Vladimir Putin ai 59 missili?
3, Mosca, che continua a negare che quelle armi chimiche siano state impiegate da Assad, come reagirà?
Una azione, quella Usa di stanotte, ‘più spettacolare che militarmente devastante, più diretta a dimostrare agli americani che Trump è uomo d’azione e non un guerriero riluttante come Obama’, sostiene Vittorio Zucconi su La Repubblica. Speriamo, sarà letta da Putin come una pura dimostrazione di forza di un Presidente alla ricerca di un colpo di scena per risollevare il proprio prestigio cadente. Quindi (speriamo) ‘reazioni poco più che retoriche da Mosca’.

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