America ancora gendarme del mondo?

‘America first’, ha ripetuto ossessivamente Donald Trump alla conquista di voti e poi, già presidente, di applausi. Sopra tutto e tutti l’America e dopo, molto dopo, il resto del mondo. Ora l’attacco Usa alla Siria. Colpo di scena politico o ‘magheggio’, gioco di prestigio?
Due possibilità:
1, Trump convertito al ‘globalismo’ modello Obama-Clinton, con l’addio all’isolazionismo predicato dalla sua ‘anima nera’ Steve Bannon, recentemente cacciato dal Consiglio per la Sicurezza Nazionale americano.
2, Semplice mossa mossa di ‘politica interna’ giocata fuori casa. A recuperare consensi in fuga.
Giochi pericolosi. Come reagirà Putin ai 59 missili?

Da isolazionista e gendarme che punisce i cattivi del mondo. Colpo di scena.
Memoria di Stati Uniti “gendarmi del mondo” fermare o punire chi viola le norme internazionali minime. Peccato manchi un arbitro terzo a fischiare il fallo. Gli Stati Uniti arbitri-giocatori.
Per stare ai tempi vicini, lo avevano fatto Clinton in Serbia contro Milosevic, e Bush in Iraq contro Saddam e il suo inesistente arsenale chimico e nucleare.
Qualcuno osserva che una sciame di Tomahawk con testate da mezza tonnellate di esplosivo convenzionale ciascuna, non è la guerra, non è la spallata militare che potrà far cadere Assad.
Un “segnale”, come stanno ripetendo dalla serata di Washington, la nostra notte, gli specialisti.
Quale segnale e a chi?

Missili che, partendo dalle unità della US Navy nel Mediterraneo che li hanno lanciati, hanno sorvolato le aree della Siria controllate dall’Armata Russa, come la base aeronavale di Lantaka e sicuramente i radar russi li hanno visti e tracciati. Mosca e i suoi militari in Siria, precisa successivamente la Casa Bianca, erano stati preavvertiti, per evitare equivoci e per chiarire da subito che quei missili non erano diretti contro loro installazioni o personale.
Azione, più spettacolare che militarmente devastante,
E se gli obiettivi militari non erano le forze di Putin, l’obiettivo politico era certamente e direttamente lui, Vladimir. Messaggio tonante da parte dell’amico Donald in difficoltà.
Sì, perchè qual lancio di missili non è in realtà, prova di forza.

Ne è convinto anche Vittorio Zucconi, osservatore attento dagli Stati Uniti.
«Azione, più spettacolare che militarmente devastante, più diretta a dimostrare agli americani che Trump è uomo d’azione e non un guerriero riluttante come Obama, sarà letta da Putin per quello che è, una pura dimostrazione di forza e di decisionismo di un Presidente americano disperatamente alla ricerca di un colpo di scena per risollevare il proprio prestigio cadente, non ci saranno reazioni più che retoriche da Mosca». Ammonimento dalla saggezza: ‘Peccato che in tutte le azioni di forza, non una porta che si chiude, ma una porta che si apre’, perché ogni conflitto è sempre molto più difficile da chiudere che da aprire.

Sempre Zucconi rileva la coincidenza di Trump che si esibisce guerriero, la sera in cui era a cena con il Presidente Cinese Xi. Messaggio via missili a Putin per colpa del suo protetto Assad. Sottinteso segnale alla Cina, protettrice del coreano Kim?
Impressione di tanti azzardi, in assenza di una linea politica coerente.
La linea è cambiata: la forza torna ad essere uno strumento che Washington è pronta ad usare, dove politica e diplomazia non bastano. Anche se comporta il rischio di allargare i conflitti, e i personaggi oggi al timone della superpotenza armata, non rassicurano.

Tags: missili Siria
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