
«Da Ghouta ad Aleppo, quegli arsenali tossici rimasti fuori controllo. Dal 2013 molti episodi sospetti e centinaia di vittime. Non è solo il regime a poter ricorrere a queste armi». Su ‘La Stampa‘ di Torino, da New York. Saggezza giornalistica: mostruoso ciò che è accaduto, ma per stabilire chi è stato in questo caso il mostro più crudele tra Assad e Isis, servono dati di fatto e non dichiarazioni politiche. Certezze, che al momento mancano.
Dopo di che, gli stessi fatti, li puoi anche legittimamente leggere in maniera diversa. Alcuni esempi.
Sospetto fondato, che l’arma chimica usata nell’attacco a Khan Sheikhoun, sia il Sarin. La stessa sostanza tossica, gas nervino, che nell’agosto del 2013 aveva ucciso a Ghouta, alla periferia di Damasco, circa mille persone.
Paolo Mastrolilli su La Stampa, ci offre il suo colpevole: «Calcolando l’azimut dei punti di impatto, gli ispettori avevano individuato le possibili traiettorie dei razzi, che portavano vicino a una caserma della Guardia repubblicana alle dirette dipendenze di Maher al Assad, fratello di Bashar».
Stesso fatto raccontato da Mastrolilli, nella lettura oggi di Gian Micalessin, storico inviato di guerra de Il Giornale che tra quelle trincee è stato più volte.
«A tutt’oggi, non solo non sono state provate le responsabilità del regime di Damasco, ma aumentano indizi e prove che fanno pensare a un trappolone organizzato dai ribelli di Al Nusra, la costola siriana di Al Qaida, per innescare l’intervento del presidente americano».
Sulla partita Siria, saltano tutti gli schemi ideologici di lettura dei fatti, sui buoni e sui cattivi.
Sino a due anni fa, ancora l’equivoco sul chi fosse il più mostro tra i cattivi, quando ancora molte parti occidentali, Stati Uniti con la segretario di Stato Hillary Clinton, la Turchia di Erdogan a feudi petroliferi vari elargivano ‘aiutini’ alle formazioni jihadiste anti Assad. Anche ‘aiutoni’.
Poi, con un bel po’ di ritardo, anche loro Usa e Turchia e soci politici e d’affari del mondo arabo, questi ultimi non ancora convinti del tutto, scoprirono che non si poteva più risultare amici Califfo, ed è iniziata la guerra vera ai tagliagole del Califfo.
I colpevoli incrociati riescono a mettere d’accordo tutti. L’Onu ha denunciato almeno due attacchi, 2014 e 2015, sempre nella provincia di Idlib. Gas sganciato da elicotteri, e questo puntava il dito contro il regime. Nello stesso tempo la OPCW, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ha accusato l’Isis di aver impiegato il mustard gas, cioè l’iprite, in Siria e in Iraq.
Gli ispettori hanno scoperto quella che ritengono fosse una fabbrica per costruire queste armi vicino a Ninive. Ora sappiamo della fabbrica/deposito che è stata bersaglio dei raid su Khan Sheikhoun, possibile causa della strage.
TIFOSI IN CAMPO
Occidentali anti Assad. Le dichiarazioni delle potenze occidentali, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, puntano il dito contro Assad. Dichiarazioni ‘audaci’ dei ministri degli esteri britannico e francese, e per l’Ue la scontata Federica Mogherini. Assad colpevole e Russia complice, col biondo ministro britannico che le attribuisce la responsabilità morale insieme all’Iran, i garanti con la Turchia della tregua negoziata ad Astana. Damasco si sarebbe sentita protetta da queste potenze, da Trump che non ritiene una priorità rovesciarlo, e quindi avrebbe accelerato l’offensiva.
Assad e sospettosi. Damasco risponde che l’esplosione è avvenuta in una fabbrica di armi chimiche gestita dagli oppositori, per un incidente o per un razzo governativo che l’ha colpita senza sapere cosa contenesse. Alcuni analisti arrivano a sospettare che gli stessi ribelli possano aver condotto l’attacco, grazie alle tecnologie offerte dai Paesi che li sostengono, proprio per far cadere la responsabilità su Assad. Far deragliare il negoziato politico in corso e impedire lo sdoganamento del leader di Damasco, con Washington, che punta prima di tutto a sradicare i terroristi dell’Isis.
Israele e dintorni. Il nostro autore e amico Piero Orteca sposa le ipotesi di Gerusalemme secondo cui i morti di Khan Sheikhun, sarebbero frutto «al 99% di bombe cariche di gas Sarin sganciate dagli aerei di Assad». Margine di dubbio decisamente limitato. Orteca non crede a Mosca.
Con una annotazione interessante, che si lega a quando denunciato a inizio pezzo, le armi chimiche incontrollate presenti in Siria su tutti i fronti. Il Premio Nobel assegnato 4 anni fa all’agenzia legata alle Nazioni Unite incaricata di monitorare e cancellare le armi chimiche dalla Siria.
Sputnik vola alto. ‘Indagine appena iniziata ma Occidente ha già trovato i colpevoli’ titola l’agenzia russa Sputnik. «Anche se non è chiaro esattamente quello che è successo, se si tratta di un attacco chimico dall’aria o dell’esplosione di un deposito di armi chimiche, alcuni Paesi non hanno esitato a dare la colpa dell’accaduto alle autorità siriane». Equilibrio di racconto da giornalismo british. «Damasco respinge queste accuse, accusando a sua volta i ribelli islamisti. Le forze di opposizione e alcune potenze occidentali sostengono che si è trattato di un attacco chimico dall’aria».
Mosca e i filo Assad. Il ministero della Difesa russo su quanto accaduto. «Il generale Konashenkov sostiene che in un raid dell’aviazione siriana sia stato colpito un deposito contenente attrezzature militari dei terroristi. Nella struttura si trovavano granate con sostanze chimiche tossiche, armi chimiche arrivate ai terroristi dall’Iraq. Il portavoce russo della Difesa ha specificato che i terroristi hanno usato munizioni simili ad Aleppo. Lo stesso tipo di armi erano state usate dai ribelli ad Aleppo, con sintomatologie simili a quelle osservate nelle immagini da Khan Sheikhoun».
Onu e la verità impossibile. Saliti a 86 i morti per l’attacco di martedì nella provincia di Idlib, tra le vittime ci sono 30 bambini e 20 donne. «Se le informazioni arrivate sull’attacco in Siria saranno confermate, si tratta del peggiore attacco dal 2013», ha detto Kim Won-Soo, Alto Rappresentante Onu per il disarmo. Gli Usa hanno presentato una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza Onu in cui si chiede al governo di Assad di collaborare nell’inchiesta su quanto avvenuto. Il ministero degli Esteri russo ha bollato i resoconti sull’attacco chimico a Idlib, in Siria, come “fake”.