Ma il Kim di Corea lo è o lo fa? Dove vuole arrivare?

Ci risiamo. La Corea del Nord torna a praticare la sua logora “strategia delle scatolette”, o del “pizzo”, fate voi. Funziona così: tu paghi o io ti brucio la saracinesca.
Un messaggio camorristico trasposto sul piano internazionale. E siccome al peggio non c’è mai fine, il pargoletto furioso di Pyongyang, Kim Jong-Un, ormai la vince per tre punti al nonnetto (il “Presidente Eterno”, come certi politici nostrani, Kim Il-Sung) e al paparino (il “Caro Leader”, Kim Jong-Il), che di questa politica della bistecca sono stati gli artefici.

Anche perché, con l’ultimo dei Kim, si scherza poco. Taglio di capelli alla “Capitan Miki”, grisaglia comunista d’ordinanza “dei tempi belli” e cappotto a doppio petto che lo fa sembrare un palombaro, Jong-Un non guarda in faccia proprio nessuno.
Per fortuna non siamo parenti. Alla ex fidanzata avrebbe fatto fare la fine di Desdemona (ma poi si è scoperto che forse era viva), lo zio se l’è tolto davanti facendolo sbranare dai cani, l’ex Ministro della Difesa con una cannonata al petto, e il fratello (che piaceva ai cinesi), qualche giorno or sono, è stato accoltellato a morte in Malesia.

Ora Kim sta “testando” le reazioni dell’Energumeno di Washington. Si spiegano così i missili che ogni tanto spara, manco fossimo alla festa di Piedigrotta.
Trump non ha paura? E chissenefrega, ai brontosauri comunisti della Corea del Nord basta terrorizzare i giapponesi e tenerli a bagnomaria, seduti con le terga su un vulcano acceso. Il resto lo farà il quieto vivere.
Vedrete che, sottobanco, le scatolette di tonno (o quelle per il gatto, dato che a Pyongyang non vanno tanto per il sottile), dicasi il”riscatto” (benzina, alimentari, materie prime e dollari, una cofanata di dollari) continueranno ad arrivare dall’Occidente, come prima.

Certo, Kim è un problema. Lo sanno per primi proprio i cinesi, che finora avevano tenuto al guinzaglio cotanto rottweiler per “scioglierlo” alla bisogna.
Ma, ormai, non lo controllano più manco loro.
L’assassinio del fratellastro Jong-Nam (ipotetico ma improbabile successore di Jong-Un) è il segnale più evidente che il vento è girato. Per tutti.

Kim, in questa fase, spedisce missili che sono “pizzini”. Di fronte alle esercitazioni militari congiunte di Stati Uniti e Corea del Sud, al ritrovato fil rouge tra Tokyo e Washington e, soprattutto, alle soglie del faraonico congresso del Partito comunista (si fa per dire) cinese, Kim ha battuto un colpo: ci sono pure io.
Naturalmente ha guastato la festa di chi si era già fatto i conti senza l’oste. La verità è che al Presidente degli Stati Uniti, in qualche pausa della sua crociata contro clandestini e derelitti assortiti, avranno spiegato a cosa sta mirando Kim.
E se ancora non l’ha capito, glielo diciamo noi.

Il pargoletto nordcoreano sa che fabbricare bombe atomiche è un business di quelli lucrosi. L’importante è non lanciarle, ma solo minacciare di farlo. Il vero salto di qualità per Pyongyang sarà fabbricare un missile in grado di arrivare fino in California.
Nella Corea del Nord muoiono dalla fame, ma potrebbero riuscirci presto. E, in quel caso, siamo sicuri che il ritaglio di moquette che Trump si porta in testa cambierà colore: di dollari ce ne vorranno assai per tenere a cuccia un rottweiler come Kim, pronto ad azzannare tutto ciò che si muove. A cominciare dai suoi ex padroni cinesi.

 

LA CATTIVERIA
di Mimmo Lombezzi

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